La Brianza e le Cinque Giornate di Milano

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Il 18 Marzo 1848 Paolo dell’Orto, oste in Seregno, assieme al suo garzone Luigi Galli, si era recato a Milano, dove proprio quel giorno avevano preso il via le Cinque Giornate, per acquistare sementi. Data la situazione sempre più accesa nella città, attorno alle tre di pomeriggio i due, in carrozza, decisero di dirigersi verso Porta Tenaglia (oggi in zona Arena Civica), che pareva il tratto più sicuro e libero da barricate. All’improvviso, però, spuntò una squadra di Ussari a cavallo, che aprì il fuoco verso la loro vettura e finì con la sciabola i sopravvissuti. La notizia della morte dei due cittadini brianzoli venne portata a Seregno da un giovane seminarista il giorno seguente: nonostante il massimo riserbo per cercare di evitare tumulti, la notizia fece il giro della città e subito si accesero grandi manifestazioni di piazza. La piccola guarnigione austriaca di Seregno, la quale contava meno di 20 soldati, venne depredata di armi, munizioni e della propria cassa. Successivamente gli insorti da Seregno e dalle campagne brianzole si radunarono in Monza il 21 Marzo, unitisi a colonne provenienti da Lecco e Valtellina, per comporre quella che passerà alla storia come la Falange Brianzola. Scrivono le cronache del tempo: “Era una forte squadra del più bizzarro aspetto, un miscuglio d’ogni età e condizione, d’ogni arma e divisa. Chi portava forche sulle spalle e lunghe falci (folcie magnane) ai fianci, chi armi ruginose, disusate da molto tempo: stutzen, sciabolotti, pistolacce inservibili. Non mancava in quel miscuglio eterogeneo chi indossava divise militari di altri tempi e persino, con pericolo di grave responsabilità, tracolle di cuoio, giberne e baionette dell’Imperial Regio Esercito contro del quale andavano a combattere.” Erano circa 3000 uomini, guidati da Girolamo Borgazzi, ispettore delle Ferrovie proprio a Monza e già distintosi nella Legione Straniera di Francia, e le fonti riportano che, dopo aver sbaragliato la guarnigione austriaca in loco, con un totale di 15 morti e 45 feriti, la colonna improvvisata si mosse di notte, per entrare alle prime luci dell’alba a Milano da Porta Comasina (oggi Porta Garibaldi). Ancora oggi la toponomastica di Monza ricorda il patriota Borgazzi con una via a lui intitolata proprio dopo C.so Milano, seguendo il percorso che la Falange Brianzola compì sotto la sua direzione. In Porta Comasina, durante alcuni scontri, Borgazzi trovò la morte. Scrive Ignazio Cantù nel suo racconto storico delle cinque giornate: “ Siamo liberi. Una colonna d’uomini (…) giunse a Monza e così ordinati in oltre tremila arrivarono alla Porta Comasina di Milano. Forse non sarà creduto, chi dirà ai nostri posteri, che una legione di contadini, staccatisi dalle madri e dalle mogli piangenti, avvezzi alla pacifica vita dei campi e dei mestieri, attaccati al loro casolare (…), dimentica tutto per gittarsi contro le bocche di cannone.” Dal punto di vista tattico l’arrivo dei brianzoli presso Porta Comasina non si risolse in una vera e propria vittoria, ma fu sicuramente per il Maresciallo Radetzky, asserragliato nel Castello Sforzesco, il campanello d’allarme che lo portò definitivamente alla decisione di abbandonare Milano: se fosse stato accerchiato anche da fuori non avrebbe di certo potuto abbandonare la città con la ritirata ordinata che aveva approntato. La vittoria dei Milanesi a Porta Tosa (da allora rinominata Porta Vittoria) fu quindi l’ultimo atto delle Cinque Giornate, alle quali anche la Brianza aveva contribuito. La battaglia di Porta Tosa è il soggetto, tra l’altro, anche di un quadro del pittore monzese Mosè Bianchi. A Milano, inoltre, per la Brianza, non furono solo i membri della Falange a contribuire attivamente alle Cinque Giornate, ma è bene ricordare anche il monzese Enrico Cernuschi, che nel corso di una manifestazione antiaustriaca a Milano il 18 Marzo 1848 costrinse con la forza il vicegovernatore austriaco a concedere l’istituzione della Guardia Civica e a smilitarizzare la polizia austriaca. Non solo uomini, ma anche donne: da Monza è bene ricordare anche Laura Solera in Mantegazza, che si distinse proprio durante le Cinque Giornate nell’assistenza ai feriti.

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