La leggenda di Fiore, il viaggio di Veneziani nella luce del bene

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Per Fiore, personaggio leggendario nato dalla penna di Marcello Veneziani, crescere vuol dire tramontare, riconoscere la limitatezza dell’agire umano e fonderla con la necessità di uno slancio verso l’ascesi, verso lo spirito. Tramontare come uomo per risorgere nell’eterno, compiendo un viaggio dall’uno allo zero, dall’individuo all’origine. Un viaggio che porterà il giovane Fiore a lasciare la lunga estate della sua fanciullezza, peregrinando in tutti i sud del mondo. Dall’Isola delle donne, luogo del mito e di iniziazione, all’oriente, cavalcando la tigre in una sorta di Milione dello spirito, fino alla scoperta dell’anima, il ritiro dalla vita, tra meditazione e alchimia. Compiendo una educazione spirituale al Bene, in contrapposizione all’indottrinamento dei “buoni” e alla rassegnazione tragica e pessimista. Preferendo ai baudeleriani Fiori del male, i fiori del bene. Ai narcisi della cultura moderna il fiore d’oro dello spirito santo, simile all’azzurro non ti scordar di me di Novalis, che dopo l’era del padre e del figlio vuole raccontare quella del ritorno, della fusione tra l’io e l’anima del mondo. Costruendo un romanzo sotto le penombre degli Imperdonabili e alla luce del mito. Che trasfigura i grandi temi dell’opera di Veneziani tramite ipostasi e simboli. Dal mito come “ponte tra la realtà e il divino, la natura il sacro” e “fonte sorgiva del pensiero” che si incarna nella Pizia e negli altri abitanti dell’isola delle donne, ai figli ritrovati di Fiore, di cui è padre e maestro, a cui insegna che “la bellezza è la gloria del mondo cantata dalla luce, che non è di questo mondo”, fondendo Plotino e Cristina Campo. Mostrando il dramma di un’esistenza che ha portato la morte “in clandestinità”, condannando per sempre gli uomini al suo terrore, che vive nell’ossessione di un presente “che non ha presa e radici, che non ha ente e sconfina nell’assente”.

Veneziani compie con la leggenda di Fiore la trasfigurazione tramite il pensiero poetante di quel fascino del numinoso che è il centro delle sue opere precedenti, ovvero il legame cosmico e personale con le manifestazioni del sacro e del divino. Mostrando che gli dei non se ne vanno e l’anima resta. Tramite l’analisi della crisi del cristianesimo occidentale, nel capitolo dedicato al papa Pierpaolo, che scelse di non essere Santo Padre ma fratello, non guida, ma amico. In un dialogo simile ad un dialogo del grande inquisitore dostoevskijiano rovesciato. Dove Veneziani accusa il papa di “sostituire il carisma con la simpatia, la grazia con la carità, alla liturgia, al rito al simbolo, l’umile familiarità di uno di noi”. Con una Chiesa che cerca di aprire più le gambe che le braccia alla modernità. Preferendo a questa visione, che per esaltare Cristo, più che nella santificazione cade nella volgarizzazione, una chiesa che prediliga alla salute la salvezza eterna, al riscatto sociale la redenzione,allo zeitgeist lo spirito. Una chiesa del mistero e dell’anima contro una chiesa dell’umanitarismo e della politica. Riscoperta di una dimensione metafisica e comunitaria che salverà l’individuo dal mare della fertilità del nichilismo.

Nichilismo rappresentato dalla invocazione del nano Onan, che più che la fine della storia racconta la fine dell’umanità, la storia della fine. Di un mondo senza vincoli, senza legami, in cui non ci amiamo ma ci risparmiamo. Non abbiamo legami, ma connessioni. Accecati dall’insonnia della ragione che genera mostri, l’umanità scoprì l’immortalità, il languore, la noia. Abitanti di una necropoli iperattiva di zombie che “non sanno vivere o morire del tutto, hanno orrore sia della fine che del finito”. Veneziani con la storia di Fiore preferisce alla cronaca disincantata il mito, alle luci delle città la Luce, ai fiori appassiti della terra desolata il fiore imperituro dell’anima, della bellezza, dello spirito santo. Molti hanno saputo disincantare l’uomo, Veneziani è riuscito a reincantarlo, tramite un romanzo che non vuole ingannare il tempo ma lo vuole rendere favoloso. E ci è riuscito

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