Liberare la cultura per riscostruire l’identità

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Liberare. E’ questa la parola chiave con la quale cominciamo l’avventura di #CulturaIdentità, la prima del Manifesto costitutivo del gruppo, presentato un anno fa al Teatro Manzoni di Milano, che la declina in modo inequivocabile: “liberiamo la cultura dal regime di menzogne del politicamente corretto, dalle soggezioni conformiste della lobby radical e dalla globalizzazione dei cervelli”. L’Italia è infatti un paese che va liberato da numerosi lacci e lacciuoli che, in generale, ne pregiudicano la crescita, tanto economica, quanto culturale, sociale e politica. Per farlo serve un nuovo paradigma, che sappia porre la Nazione, le mille patrie da cui essa è storicamente composta, al centro della riflessione del suo universo intellettuale.

Al provincialismo esterofilo dell’intellighenzia apolide e globalizzata, noi intendiamo opporre l’attenzione verso i territori e le loro ricchezze e a tal fine il nostro mensile darà ad essi ampio spazio, nella consapevolezza che lì si nascondono tesori di bellezza e di sapere che meritano di essere conosciuti da un ampio pubblico, liberandoli dall’oblio e dall’anonimato.

Allo stesso modo, vogliamo far riemergere i valori e gli archetipi culturali dell’Italia profonda, quelli su cui si fonda la convivenza civile della gente comune e che per troppo tempo sono stati sbeffeggiati dalle ideologie d’importazione. Questo immaginario collettivo popolare, quello che una volta veniva definito cultura bassa, fatto di senso di appartenenza comunitaria alla propria terra, di adesione istintiva ai riti e ai miti della nostra tradizione religiosa, di spontaneo culto della famiglia, di innata e genuina vocazione all’autentica bellezza, scevra da intellettualistiche forzature, merita di essere liberato da quello stato di soggezione e di emarginazione in cui finora è stato mantenuto e acquisire piena agibilità negli ambienti che contano.

Per farlo occorre mettere a sistema le energie disponibili e uno strumento come #CulturaIdentità può essere il luogo in cui esse si incontrano e si confrontano. Anche perché la volontà stessa di liberare ci pone subito di fronte a quella fondamentale questione posta già nell’Ottocento da Benjamin Constant allorchè egli rifletteva sul concetto di libertà: liberare da o liberare per?

Liberarci dal politicamente corretto, dal conformismo radical, dal pensiero globalizzato non è sufficiente. Un generico cambiamento non è sufficiente. Il rischio è cadere in un populismo nichilista in cui a prevalere è una logica negativa e distruttiva fine a se stessa, quando non al mero utile personale, tipica di un pensiero debole, come dimostrano gli ultimi sviluppi della politica italiana e la disponibilità dei Cinque Stelle ad accordarsi con chiunque, indistintamente, a prescindere dai contenuti, pur di accedere al potere.

Noi al contrario vogliamo liberare l’Italia per… Per ridare nuova linfa all’Identità dei popoli italici e alla loro Tradizione, che non va intesa come un’eredità stantia da acquisire, ma come qualcosa da conquistare faticosamente, se si vuole possederla, ridefinendola e aggiornandola al nostro tempo, sul piano etico, estetico e sociale. Nella certezza, trasmessaci da Dominique Venner, che essa “è la sorgente delle energie fondatrici, l’origine che precede l’inizio. Non il passato, ma al contrario, ciò
che non passa e che sempre ritorna in forme diverse”, attuali e potenti, indicandoci la direzione verso il buono, il giusto e il bello.