Angelo Crespi: “La cultura senza identità sfocia nel più inutile relativismo”

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ph Walter Capelli

Il critico d’arte a fianco di Sylos Labini nella direzione del mensile e a teatro con Il Sistema

Stai lavorando alla messa in scena del libro Il Sistema di Alessandro Sallusti e Luca Palamara: vuoi darci qualche anticipazione sullo spettacolo?

Regista e interprete Edoardo Sylos Labini, insieme abbiamo tentato di dare un impianto drammaturgico a un testo di cronaca, all’insegna di un teatro che potremmo definire “civile”. La storia di Palamara, tra intrighi, tradimenti e colpi di scena, ha qualcosa di shakespeariano, come fosse una tragedia con tutti i risvolti tipici del genere. La sfida era di presentare per immagini un’inchiesta giornalistica e soprattutto di rendere indelebile negli spettatori gli esiti della vicenda Palamara, mostrando per sempre l’oscurità del potere della magistratura.

Sei appena diventato vice di CulturaIdentità: ci saranno delle novità dalla condirezione di un esperto di arte contemporanea?

Mi piacerebbe che potessimo perlustrare ancora meglio i concetti espressi in endiadi dalla testata e che circoscrivono il perimetro del nostro impegno. La cultura è frutto di identità e l’identità di cultura. Non esiste cultura fuori dal perimetro dell’identità, personale o di comunità, ma non esiste neppure identità prescindendo dalla cultura. La cultura senza identità sfocia nel relativismo più inutile, l’identità senza cultura nel settarismo più bieco.

Il tuo ultimo libro si intitola Nostalgia della bellezza, però che noia l’arte-sempre-bella: non credi che possa esserci del bello anche nel brutto?

Ne sono convinto. Quando parlo di bellezza intendo perfezione formale: una cosa è bella quando è perfetta, cioè portata a termine nel modo in cui doveva essere portata a termine, senza aggiungere o togliere nulla, senza diminuirne il valore o accrescerlo inutilmente. Quando una cosa è bella in quanto perfetta, essa può ben rappresentare anche il brutto, emendandolo. La forma perfetta dell’opera d’arte, cioè la bellezza, ci permette infatti di ricomprendere il brutto nel bello, essendo il brutto disgregazione della forma e il bello, al contrario, riaggregazione. Seguendo la tua provocazione arriverei a dire che una delle funzioni dell’arte è proprio quella di rappresentare il brutto.

Sceglierai i vincitori del Premio CulturaIdentità che sarà assegnato in luglio, qual è il tuo criterio con cui giudichi valido il lavoro di un artista?

Serietà, professionalità, sincerità dell’ispirazione, capacità formale. Preferisco gli artisti facitori della loro opera, aborro nella maggioranza dei casi i concettuali che pensano che basti l’idea per fare un’opera d’arte.

Sei appena stato nominato nel cda di ADI Design Museum di Milano, uno dei grandi musei d’Europa dedicato al design, che aprirà al pubblico il prossimo 26 maggio: dacci qualche anticipazione senza rovinarci la sorpresa.

Un museo straordinario che espone i vincitori del Compasso d’oro, cioè la storia migliore del design italiano. Paradossalmente mancava a Milano un luogo permanente dove vedere i pezzi storici e apprendere la storia di questo settore strategico del made in Italy.

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