Mattarella riconsegna il “Narodni Dom” di Trieste alla Slovenia, ma…

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“Non c’è limite al peggio in questa Italia senza spina dorsale”. Commenta così Roberto Menia, già deputato e padre della legge sul “Giorno del Ricordo” per le vittime delle foibe, la notizia della visita a Trieste del Presidente della Repubblica – Sergio Mattarella –  con il Capo di Stato della Slovenia – Borut Pahor – a cui il prossimo 13 luglio verranno riconsegnate le chiavi del “Narodni Dom” (Casa del Popolo), un edificio degli anni ’20, nel centenario del suo incendio.

Un “compromesso” raggiunto dallo Stato italiano dopo una lunga trattativa per l’organizzazione della visita istituzionale di un presidente della ex Jugoslavia che, per la prima volta dopo i fatti avvenuti tra il ’43 e il ’45, rende omaggio alla memoria dei martiri italiani presso il monumento nazionale di Basovizza.

La vicenda però rischia di trasformarsi nell’ennesima umiliazione per il nostro Paese e rappresenta, peraltro, un clamoroso falso storico.  “Non bastava al Presidente della Repubblica italiana venire a consegnare ad un capo di stato straniero, il Presidente della Repubblica di Slovenia, un edificio sede di facoltà universitarie perché a sua volta lo consegni alla minoranza slovena: procedura imbarazzante a corredo di una storia ancor più imbarazzante – denuncia Menia – ora si omaggiano pure i terroristi che volevano assegnare Trieste alla Jugoslavia”.

Questa vicenda infatti, dal punto di vista storico, ha i contorni poco chiari e sembrerebbe l’ennesimo assist al giustificazionismo che da sempre accompagna la memoria della pulizia etnica titina a danno degli italiani del confine di Nord-Est.

Secondo il Quirinale, infatti, si “restituisce”  agli sloveni il “Narodni Dom” chiedendo agli stessi scusa per le sofferenze patite a causa del fascismo.  “Storia bugiarda – spiega Menia – perché a quei tempi c’era Giolitti e l’avvento del fascismo sarebbe avvenuto due anni più tardi.  

Inoltre l’incendio della “Casa del Popolo”  avvenne dopo alcuni gravi fatti di sangue: l’eccidio della nave ospedale “Puglia” a Spalato nel quale dei soldati croati uccisero il comandante Tommaso Gulli e il motorista Aldo Rossi, e l’assassinio di un giovane cuoco Giovanni Nini ucciso da un croato con due coltellate durante una manifestazione in Piazza Unità d’Italia. Nei disordini che seguirono, sfociati in una vera e propria battaglia tra italiani, reparti di pubblica sicurezza e slavi asserragliati nell’ex hotel “Balkan” – con l’intento di ridurre in polvere l’italianità di Trieste – cadde un ufficiale italiano – Luigi Casciana – ucciso da una bomba a mano lanciata proprio dall’edificio, divenuto poi sede universitaria. Ma lui, evidentemente, non è degno di essere ricordato”. Non dimentichiamo che l’Italia ha già garantito la tutela della minoranza slava con la costruzione del teatro Sloveno (come concordato nel Memorandum di Londra) e con  la ristrutturazione del “Narodni dom” nel rione San Giovanni, costati secondo le stime dello Stato, quasi 10 milioni di euro di soldi pubblici.

Per il Quirinale, quindi, la giornata sarà storica perché per la prima volta un presidente sloveno renderà omaggio alla Foiba di Basovizza. “Quello che si tenta di silenziare  – prosegue Menia – è la squallida genuflessione alla “condizione” posta da Pahor, ovvero l’omaggio a 4 fucilati (3 sloveni e un croato) di Basovizza del 1930, spacciati per eroi dell’antifascismo. In realtà, i quattro fondatori del gruppo terroristico “Borba” che operava per strappare Trieste e le terre annesse all’Italia nel 1918 in favore della Jugoslavia, furono riconosciuti colpevoli di una lunga serie di attentati: incendi a scuole e asili italiani, al faro della Vittoria ed alla sede del Popolo di Trieste dove morì il giornalista Guido Neri e rimasero invalide altre tre persone. All’epoca vigeva la pena di morte, oggi sarebbero condannati all’ergastolo da un qualunque tribunale italiano, eppure il Presidente della Repubblica, magistrato supremo, va a riverirli. Che ci dice, piuttosto, il Presidente Mattarella, delle migliaia di case e proprietà rapinate agli italiani esuli dell’Istria dopo la seconda guerra mondiale dalla Jugoslavia comunista ed ereditate dall’attuale Slovenia? Non è stato restituito nemmeno un mattone e siamo in attesa di sapere quale sia il gesto che reciprocamente arriverà da Lubiana. Ma tutto, ovviamente, tace. In pratica l’omaggio ai 2000 infoibati innocenti di Basovizza è condizionato e preceduto da quello a quattro terroristi anti-italiani. Quindi – conclude Menia – Il 13 luglio a Trieste si scriverà l’ennesima pagina buia per la dignità nazionale. Questa è, piaccia o non piaccia, la verità”.