Ora nel centrodestra parlano tutti di cultura

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In questi giorni, in previsione di una larga vittoria alle elezioni della Meloni e del centrodestra, inizia nel mondo culturale di area e non solo la corsa e lo sgomitare per salire sul carro dei vincitori. Tutti parlano adesso dell’importanza della cultura, dell’identità, del Made in Italy. Avendo ricordato che non ci interessano posti in Parlamento ma progetti che lancino idee concrete, vi ricordiamo che CulturaIdentità porta avanti, con un giornale, dei festival e tanti eventi sul territorio, queste battaglie culturali da febbraio 2018. Di seguito il mio intervento dei giorni scorsi sulla prima pagina de Il Giornale.

Nel maggio 2014, nella mia breve e appassionata parentesi di responsabile Cultura di Forza Italia, durante una conferenza stampa con il presidente Berlusconi mettemmo l’accento su come la nostra parte politica, dal dopoguerra, avesse lasciato alla sinistra l’egemonia in campo culturale. Fu un mea culpa storico dell’ex leader del centrodestra, da oltre 40 anni considerato il più importante editore culturale in Italia. Da anni ho immolato la mia carriera artistica in questa direzione, cercando di far capire ai nostri politici di riferimento come questa tendenza dovesse cambiare. L’ho fatto sul campo, prima con i miei spettacoli teatrali, poi fondando un mensile cartaceo, CulturaIdentità, ed ora con la rete degli oltre 100 Comuni delle Città Identitarie e con i festival che ne invadono le piazze. Perché costruire contenitori dai quali lanciare un nuovo immaginario simbolico è il compito di noi artisti ed intellettuali. Credo che questo sia più interessante e costruttivo che chiedere poltrone in Parlamento. E allora sono felice di leggere nel programma politico del centrodestra un capitolo intero dedicato a quel settore che dovrebbe essere in Italia un volano, non solo per l’immagine, ma anche per l’economia del Paese. Cultura, turismo, Made in Italy devono essere le parole d’ordine degli amministratori locali, dei deputati, dei ministri, della Meloni futura leader della coalizione che dovrà governare dopo il 25 settembre. Il Paese va rilanciato anche attraverso lo straordinario racconto delle nostre radici storiche e culturali, dell’identità delle nostre Città, soprattutto quelle sotto i 100 mila abitanti, che sono poi la colonna vertebrale italiana, attraverso il sostegno alle piccole e medie imprese locali e attraverso la difesa dei nostri territori. Vi prego, mai più una Bolkestein! E, per fare in modo che le idee diventino azioni, c’è bisogno di un gioco di squadra, cosa che spesso nel campo culturale e politico di destra non è successo per quell’individualismo quasi genetico che, abbiamo visto, non porta da nessuna parte. Non vogliamo quindi tanti primi attori, ma una compagnia ben assortita che sappia, ognuno nel proprio ruolo, realizzare quel progetto di rinascita identitaria e culturale di cui l’Italia ha bisogno. La sinistra ha fallito, occupando in questi decenni il settore Cultura svilendone il valore. Ora sta al centrodestra, in caso di vittoria, ricostruire: raccontando la bellezza della nostra amata Patria.

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2 Commenti

  1. Da qualche parte, intanto si legge: “Nel fortino dei posti blindati finiscono anche lady Franceschini e la Camusso”. Dalle quote rosa, così, si è passati a quelle diversamente rosa. O meglio, ai posti blindati coniugati al maschile e al femminile. Da fare impallidire, insomma, la cosiddetta arroganza putiana. Non per niente, questa gente senza ritegno, di questa badilata alle gambe dei compagni e delle compagne esclusi ed escluse ne fa una questione di alto prestigio. Pur in presenza di molte cose che non tornano, a conti fatti. Insomma, non sono e non sono stati sempre loro quelli che parlano e hanno parlato fino alla nausea degli scranni in parlamento come di servizio reso alla comunità? Eppure, adesso persano di ridurre e vogliono assolutissimamente ridurre le unità a ciò preposte. Facendo finta di non capire che questa altissima responsabilità, questo concentrato d’amore nelle mani di pochi, se non di pochissimi, diminuirà inevitabilmente, in modo direttamente proporzionale, la loro disponibilità a servire il popolo. Per il semplice motivo che, volente o nolente, la famiglia di cui fanno parte ha anche le sue inderogabili esigenze. E perciò uno dei due coniugi, per forza di cose, dovrà allentare la sua attività parlamentare: e quindi di servizio al popolo, se non vuole fare andare alla malora la sua stessa famiglia.

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