Quella falce e martello dall’ANPI all’Ucraina

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Nei giorni tra il 16 marzo e il 9 maggio si ricorda sempre il calvario di Aldo Moro, lo statista democristiano trucidato dai terroristi nel 1978. Una condanna annunciata. Moro in visita ufficiale negli Stati Uniti si sentì avvisare in modo brutale da Kissinger: noi non capiamo perché dovremmo subire attentati con armi palestinesi transitate per l’Italia in base al tuo lodo per cui tu chiudi gli occhi dietro garanzia che non insanguineranno il tuo Paese. Quindi vedi tu come la vuoi capire. Moro capì. Capì che il suo “lodo Moro”, formula di equidistanza tra israeliani e palestinesi che prevedeva un transito di armi per l’Italia da questi ultimi, dietro garanzia di venire risparmiato dagli attentati, gli sarebbe costato la vita. Pochi mesi dopo, Mario Moretti cominciava ad allestire a Roma i covi – non il covo, i covi – per la prigionia. Perché dalle indagini conseguenti, così come dalle due commissioni d’inchiesta, sarebbero uscite prove di svariati luoghi di detenzione: anzitutto il covo in via Massimi, in zona Balduina, prossimo a via Fani (il tragitto arzigogolato fino a via Montalcini, in una Roma mattutina e convulsa, era una verità di stato sulla quale gli stessi brigatisti si contraddissero innumerevoli volte); quindi un probabile trasporto lungo il litorale di Focene, pieno di quella sabbia catramata depositata sulla Renault 4 che divenne il carro funebre di Moro, e di quelle escrescenze arboree trovate nei risvolti dei pantaloni del presidente; ancora, il citato covo di via Montalcini; infine, un ultimo nascondiglio nella zona del ghetto, dove, secondo le risultanze più recenti, Moro sarebbe stato ucciso per venire trasportato nella vicina via Caetani, a metà tra le sedi DC e PCI. La profezia era compiuta, gli americani avevano usato le BR. Questo per dire che sui condizionamenti atlantici nessuno cade dal pero e nessuno nega siano condizionamenti pesanti, che vanno dalle ingerenze politiche alle manovre economiche fino alle istanze culturali, del resto accettate passivamente: antiamericani in corteo, americanizzati fino al midollo, questo sono sempre stati i giovani italiani: oggi, poi, con le mega multinazionali della tecnologia e dello spettacolo…

Fermato questo punto, possiamo discutere in misura analitica, smaliziata delle ipocrisie sull’Ucraina? A Mariupol, a Odessa, fioriscono bandiere con la falce e il martello che deliziano gli apparenti “né con Putin né con Zelensky”. Come se tutto si riducesse alla giustapposizione tra due capi di stato, l’invaso e l’invasore, come se due popoli fossero solo carne da macello. Non è così e papa Francesco ha cercato di farlo capire col gesto delle due infermiere amiche, una ucraina l’altra russa, alla Via Crucis. Nè con l’uno né con l’altro? Messa così ricorda molto il “né con lo stato né con le BR” di memoria lottacontinuista, per non ammettere che si stava più con le BR. Questi stanno con Putin ed è facilissimo stanarli, basta scrivere contro l’invasore o contro qualche suo propagandista e immediatamente ti ritrovi la bacheca invasa di agit-prop, di “nè-né” con l’effigie di Gramsci, di Guevara, di Chavez, di Stalin, di Mao. Gente che nelle bandiere falcemartellate ritrova il frisson della gioventù, vorrebbe ricostruire il Muro a Berlino e riportare tutto a prima del 1989.

L’impero. La Terza Internazionale. La convinzione, sordida ma tenace, che una buona, sana dittatura sia meglio di una democrazia malaticcia o terminale, come insinua il sociologo Orsini: regime per regime, meglio quello cinese che quello della finanza globalizzata. Che poi nella finanza globalizzata ci sguazzino i Putin, gli Xi prima e meglio degli altri, che sotto il loro tallone i diritti civili, sociali, delle minoranze non siano considerati, è dettaglio o provocazione di chi ragiona. Ma restiamo al punto. Lo svolazzare di bandiere rosse, sui carrarmati, sui monumenti, nelle piazze riporta a una certa concezione della sinistra totalitaria cui si saldano ambienti di destra più o meno estrema. Anche qui, nessuna sorpresa, nessun fatto inedito: già negli anni Settanta i giovani mussoliniani di Costruiamo l’azione invitavano i nemici carissimi, dell’altera pars, a saldarsi contro l’imperialismo occidentale e americano al grido “ragazzi non facciamoci inculare”.

L’imperialismo americano c’è stato e c’è, ma, come spiega Federico Rampini, uno che conosce il mondo, come fai a disinteressarsi di quello russo, cinese, turco-ottomano, persiano e via storicizzando? L’imperialismo russo è genetico, comincia con Pietro il Grande e finisce, per ora, con Vladimir ex KGB: un misto di feudalesimo, stalinismo, misticismo fatalista da Grande Madre Russia che delizia quelli come il presidente dell’Anpi Pagliarulo, uno che riesce a convivere benissimo con le sue contraddizioni: “Condanniamo l’invasione”, ma poi si scopre che considerava l’Ucraina un Paese nazista, tutto intero, nei suoi 46 milioni di abitanti. Putiniano, lui? No, falso, falsissimo, è solo che gli piacciono le bandiere rosse con la falce e col martello, lo esaltano, lo fanno tornare vigoroso. Lui filosovietico? No, solo antiamericano, anti Nato, anti Occidente e, ovviamente, anti Ucraina “nazista”.

Un gattopardismo, un gioco delle tre carte che ha irritato Gian Antonio Stella il quale si è cucinato il Pagliarulo mettendo in fila tutte le sue esternazioni imbarazzanti con tanto di chiosa, rilasciata al Foglio, dal sindaco di Sant’Anna di Stazzema, Maurizio Verona: «Il presidente dell’Anpi non rende onore alla Resistenza. E mi dispiace per l’Anpi. Io questo Pagliarulo preferisco non ascoltarlo, mi fa male vedere dove trascina la storia dei partigiani. Leggo molto più volentieri le dichiarazioni del presidente onorario Carlo Smuraglia. Tra la nostra Resistenza e quella dell’Ucraina non ci sono differenze. Un popolo invaso ha tutto il diritto di difendersi e va aiutato in questa impresa coraggiosa, anche con le armi. Noi siamo per la pace con tutte le nostre forze. Ma di fronte all’invasore, di fronte ai massacratori, di fronte alla violenza cieca, si deve resistere. Questa è la storia di Sant’Anna. Questo è il 25 aprile».

Ma per la versione di Pagliarulo, l’Anpi è quella che ogni anno pretende di impedire ai partigiani ebrei di sfilare. Che sia Sant’Anna di Stazzema o il Donbass, l’unica bandiera a garrire nel sol dell’avvenire, quella che “la trionferà”, dev’essere rossa, con la falce e col martello.

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