Roberto Herlitzka, la maestria della voce

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Foto di G. M. Ireneo Alessi (Sinix) CC 2.0 SA By

Roberto Herlitzka è stato un grande attore del nostro teatro, molto amato dal pubblico e dalla critica; ha lavorato con registi importanti, ha vinto e meritato numerosi premi. Allievo prediletto del Maestro Orazio Costa all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, era nato a Torino nel 1937. Con Luca Ronconi aveva preso parte a due spettacoli: il Candelaio di Giordano Bruno e Le Mutande di Sternheim (1968).

Con la regia di Gabriele Lavia si ricorda un Nipote di Rameau di Diderot e con Luigi Squarzina il Ventaglio di Goldoni (1993). Nell’estate ’94 è Prometeo di Eschilo al Teatro Greco di Siracusa in una contestata edizione di Antonio Calenda: abiti moderni e il nunzio a inizio spettacolo esclamò: “quel fascista di Zeus!”. Apriti cielo! In quell’occasione Roberto Herlitzka usciva fuori solo con la testa da una gigantesca pedana e aveva in testa una bombetta. Era un richiamo al Novecento di Giorni Felici di Samuel Beckett. Le sue guance scavate, inconfondibili come la sua voce: elegante, misurata, razionale, penetrante, moderna, affilata, piena di colorazioni e modulata ma naturale, non artefatta, sempre semplice, chiara, diretta, capace di semitoni quasi insoliti per quell’anfiteatro; facevano di lui un attore colto e allo stesso tempo popolare, semplicemente complicato, un’assenza di sforzo come punto di arrivo, maestria di una tecnica che si possiede ma non si esibisce).

In cinema lo ricordiamo nei panni di Aldo Moro in Buongiorno notte di Marco Bellocchio (2003) e nell’Ultima lezione dove interpreta il prof. Federico Caffè prima della sua misteriosa scomparsa. Per capire l’originalità delle scelte di questo gran signore del Teatro, ricordiamo una singolare operazione: Ugo Straniero, poeta futurista dimenticato, che ha avuto meno fortuna di altri e riportato in auge e sulle scene da Herlitzka come attore e come autori da Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime. Si celebrò così, a suo modo, il Futurismo in occasione del centenario della sua esistenza. La passione per la poesia, memorabili i recital su Lucrezio e poi Dante al piccolo Teatro Basilica di Roma; la sua elegante ironia d’antàn si rivelò ai più quando decise di partecipare alla fortunata serie Boris amata dai giovanissimi, facendo un cameo del vecchio attore “venerato maestro di prosa”, che doveva pagare il mutuo, e quindi accettava di posare per uno sceneggiato interrompendo le repliche di un suo Macbeth. E che privilegio averlo visto in un teatrino romano di pochi metri di palco e con una trentina di spettatori in un suo Ex Amleto, dove faceva del dramma di Shakespeare tutte le parti da solo. Sublime interprete, elegante, umanissimo e distaccato. Non se ne fabbricano più.

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