Ieri sera collegato a “Chesarà…” condotto da Serena Bortone con uno studio pieno di ospiti tutti determinati a sostenere la stessa opinione, il direttore Edoardo Sylos Labini ha dovuto puntualizzare sul caso di Ilaria Salis e soprattutto sull’articolo pubblicato da CulturaIdentità lo scorso 31 gennaio.
“CulturaIdentità pubblicava un articolo il cui titolo era: Se indignano più le manette che un ragazzo massacrato. Ecco direttore mi spieghi perché dai per scontato che questo ragazzo sarebbe stato massacrato da Ilaria Salis” ha esordito la Bortone, citando il pezzo. “Per te è già colpevole? Dov’è il famoso garantismo della destra?”.
“Leggete bene l’articolo – ha ribattuto con fermezza Sylos Labini – Nel pezzo noi abbiamo detto chiaramente di essere garantisti e quindi che è necessario ancora vedere come andrà questo caso. Però Ilaria Salis è legata a una rete politica che compie quotidianamente atti violenti”. Atti che vengono ripetutamente minimizzati se non direttamente giustificati, come fatto da diversi ospiti in studio, ridicolizzando il brutale pestaggio operato dal branco a colpi di manganelli telescopici e spray al peperoncino che viene imputato alla Salis. Sylos Labini ha dunque corretto le affermazioni di Serena Bortone sul contenuto del pezzo, respingendo interpolazioni e interpretazioni forzate delle parole scritte lo scorso 31 gennaio. “La Salis avuto tante denunce, è stata fermata più volte per manifestazioni dove c’erano scontri con le forze dell’ordine. Ora però qui pare che si voglia far passare adesso la Salis per una Giovanna D’Arco, per una povera vittima”.
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C’è la questione dello stato di diritto. “Nessuno sostiene che i diritti dei detenuti non debbano essere preservati. Ma quello che abbiamo inteso dire è che in questo caso ci si sta preoccupando dei carnefici – o presunti tali – ma delle vittime non importa nulla, quasi che si meritassero quel massacro. E le immagini del pestaggio sono chiarissime: se non c’è scappato il morto, è un miracolo. E queste reti estremiste compiono atti che sono nient’altro che violenza fascista: il solito fascismo degli antifascisti”.
“Ricordiamoci che ci sono 1.924 italiani detenuti all’estero – ha poi concluso Sylos Labini – E molte volte sono in condizioni molto ma molto peggiori di quelle che ci dicono stia attraversando la Salis. Che le condizioni della Salis possano essere migliorate ce lo auguriamo tutti, così come che lei affronti un giusto processo in cui si dimostri la verità. Quale che sia”.
Ma il succo del discorso – ha detto il direttore – è che a fronte di quasi duemila italiani detenuti all’estero in condizioni spesso veramente disumane, solo in questo caso si sta facendo tutto questo battage, probabilmente perché una certa area politica intende fare della Salis una nuova pasionaria, un nuovo caso Cospito. Tutto ciò è – dal loro punto di vista – perfettamente legittimo. Tuttavia ci si augura che anche gli altri 1.924 detenuti italiani nei carceri stranieri possano ricevere l’attenzione e riscuotere la medesima passione che la Salis ha suscitato in tanti cuori.