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Spesso l’Africa e i popoli che la abitano vengono raccontati dalla cultura pop occidentale come puri e innocenti, a meno che non vengano corrotti dall’Occidente visto come malvagio. Ma la vera Africa è una realtà molto più cruda e violenta, e a raccontarla dal vivo è il reporter di guerra Giancarlo Coccia, che vive in Sudafrica dal 1973, con il suo romanzo autobiografico Teatrino Africano (Altaforte, 2020, 268 pagine, 20 euro).
Il titolo è dovuto al fatto che, come in un teatro, i personaggi incontrati da Coccia nel corso dei suoi tanti viaggi si ritrovano ad essere attori in uno spettacolo fatto di guerre civili e lotte di potere. Tra questi troviamo il reporter Almerigo Grilz, rimasto ucciso in Mozambico nel 1987, Kuki Gallmann, attivista italiana che vive in Kenya per difendere specie animali a rischio, e il leader della guerriglia angolano Jonas Savimbi.

Mettendo in scena il suo vissuto, Coccia sfata a più riprese il mito del buon selvaggio che piace alla sinistra terzomondista, offrendo spunti di riflessione anche in merito a fenomeni recenti come il vittimismo del Black Lives Matter: come spiega nella sua prefazione il reporter Gian Micalessin, nel libro “il leader dell’Unita Jonas Savimbi ama chiamare «fratelli negri» i propri simili compiacendosi di usare un termine bandito, già negli anni Ottanta, dai vocabolari di un Occidente pervaso da sensi di colpa ormai non solo storici, ma anche linguistici.”