La vittoria di Trump e dell’identità dei popoli

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È stata la notte più lunga. Una tensione accumulata per mesi, dopo quattro anni di tallone di ferro liberal sul collo. Quattro anni di guerre in giro per il mondo, wokeismo rampante e infilato in gola a forza, tracotanza e prepotenze. Quattro anni in cui abbiamo sfiorato il punto di non ritorno durante il regime sanitario. Ora, la vittoria di Donald Trump alle elezioni, stanotte, promette d’essere il momento di svolta.

Quando verso l’una, ora italiana, è iniziato lo spoglio dei voti, l’agitazione si poteva tagliare col coltello. Voto postale, voto elettronico, voto senza esibizione di documento d’identità… tutti sistemi elettorali che potevano consentire un nuovo 2020. Invece, già verso le due, la tendenza era positiva: se all’inizio dello spoglio i democratici sembravano in vantaggio, tanto da far temere un’ondata blu, la strategia trumpiana di far affluire i voti repubblicani anche per posta s’è rivelata vincente. Improvvisamente le contee, una dopo l’altra, viravano verso il rosso. Perfino la Virginia, storica roccaforte dem da decenni, vedeva un testa-a-testa fra Trump e la Harris, con il repubblicano che di tanto in tanto passava in testa.

Tutto si giocava, però, in Pennsylvania. La somma dei suoi 19 grandi elettori uniti a quelli degli altri due Stati in bilico – Georgia e Carolina del Nord – sarebbe stata decisiva. I tre Stati insieme avrebbero assicurato quasi del tutto la vittoria di Trump. Ma con l’inizio dello spoglio, la Pennsylvania dava quasi il 70% di voti alla Harris. Alle tre e mezza, il divario si assottigliava, ma non sembrava abbastanza… Ma poco prima delle sette, il sorpasso di The Donald. Intanto, anche se la Virginia restava blu, arrivavano altre notizie positive, in particolare dal Winsconsin. Chi è andato a letto, distrutto dalla stanchezza, ha dormito con i denti stretti.

“All’alba guarda a Est!”. Ed era un’alba rossa, rossissima: Trump ha fatto il pieno, Casa Bianca, Camera e Senato.

“La più grande rimonta politica nella storia degli Stati Uniti d’America” ha detto ora Trump, pochi minuti fa promettendo ora la riscossa economica. Ora anche per l’Italia si apre una nuova stagione. Con il nostro più importante alleato che ha imbracciato il patriottismo, la lotta contro il woke e l’establishment globalista, le possibilità per la maggioranza di destra-centro in Italia sono centuplicate, anche e soprattutto nel rapporto con un’Europa ancora pervicacemente liberal ma in completo stato confusionale, specialmente la Germania sull’orlo di una crisi politica.

La vittoria di Trump potrà essere un volano per tante battaglie che non sono solo americane: difendere la Costituzione dal wokeismo, se in America significa difendere i primi due emendamenti, da noi vuol dire blindare l’articolo 3 e l’articolo 21: uguaglianza e non discriminazione fra i cittadini e libertà di parola. La lotta per la difesa della famiglia naturale, ora potrà poggiare un piede anche oltre-Atlantico. La lotta per la difesa del retaggio tradizionale, della cultura e dell’identità, riparte dall’America (non dimentichiamo che fu Trump il primo a chiamare “cancel culture” la mania della sinistra di distruggere statue, monumenti, feste ed eroi nazionali, il 4 luglio 2020).

Questa non è la fine della guerra condotta dal wokeismo contro le nazioni, le identità, i popoli. Ma è la prima battaglia vinta di una possibile riscossa. Un’ondata che se non siamo sciocchi, dovremmo afferrare al volo e cavalcare.

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