La classe media non è in paradiso. E rischia di non esistere più

0

Anche la cultura woke contribuisce, seppur in modo più sottile, allo smarrimento collettivo

Un tempo era considerata il motore dell’economia e il pilastro della stabilità sociale. Oggi, la classe media italiana vive una crisi profonda e silenziosa che rischia di farla scomparire. Il sogno di una vita dignitosa, basata sul lavoro, sulla casa di proprietà e su una prospettiva serena per i figli, si sta sgretolando sotto il peso di una realtà sempre più dura.

Le cause di questo declino sono molteplici, ma alcune emergono con chiarezza. La pressione fiscale rimane tra le più alte d’Europa, e colpisce in modo sproporzionato proprio i redditi medi, lasciando poco margine di risparmio o investimento. Allo stesso tempo, mancano politiche strutturali di sostegno alla famiglia: tra asili insufficienti, costi elevati per l’istruzione e l’assenza di un welfare moderno, mettere al mondo dei figli è diventato un lusso.

I numeri parlano chiaro. Secondo l’ISTAT, nel 2023 l’Italia ha registrato il minimo storico di nascite: solo 379.000 nuovi nati, contro oltre 576.000 decessi. È il dato più basso mai registrato dal 1861. Il tasso di fertilità è sceso a 1,20 figli per donna, ben al di sotto della soglia di sostituzione (2,1) e tra i più bassi al mondo. Questo declino demografico è strettamente legato all’insicurezza economica: meno certezze, meno figli.

Il quadro è aggravato dalla stagnazione salariale. Sempre secondo l’ISTAT, i salari reali in Italia sono cresciuti solo dell’1% negli ultimi 30 anni, mentre in Germania e Francia l’aumento nello stesso periodo è stato rispettivamente del 34% e del 31%. L’Italia è l’unico Paese dell’eurozona in cui i salari medi reali sono diminuiti rispetto agli anni Novanta. Il salario medio netto mensile si attesta oggi attorno ai 1.570 euro, ma il costo della vita – soprattutto per casa, energia, e alimentari – ha continuato a salire, erodendo il potere d’acquisto.

Acquistare una casa – un tempo simbolo dell’ascesa sociale – è oggi un’impresa quasi impossibile per molte giovani coppie, strette tra affitti altissimi e mutui con tassi in crescita. Secondo uno studio di Nomisma, più del 70% dei giovani under 35 rinuncia o rimanda l’acquisto di un’abitazione, anche per l’incertezza lavorativa e la precarietà contrattuale.

In questo contesto, la classe media si impoverisce e perde fiducia. Vive con il timore costante di scivolare verso il basso, mentre l’ascensore sociale sembra ormai bloccato. La polarizzazione tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più numerosi alimenta tensioni e sfiducia nel futuro.

Ma a questa crisi economico-sociale si aggiunge anche un indebolimento culturale. Anche la cultura woke contribuisce, seppur in modo più sottile, allo smarrimento collettivo. Nella ridefinizione di identità, ruoli e appartenenze, si assiste alla progressiva dissoluzione dei valori condivisi su cui si fondava l’idea stessa di società coesa. L’adesione a modelli estemporanei, fluidi e spesso scollegati dalla realtà quotidiana, indebolisce la percezione di un destino comune. Si smarriscono i riferimenti della convivenza, mentre l’identità viene ridotta a frammenti individuali, spesso in conflitto tra loro.

Naturalmente, comprendere queste trasformazioni non significa rifiutarle in blocco, né ignorarne le ragioni storiche e sociali. Tuttavia, è necessario esercitare una critica matura e consapevole verso l’approssimazione identitaria che talvolta ne deriva: una semplificazione che rischia di sostituire legami autentici con appartenenze emotive e transitorie, incapaci di generare coesione e responsabilità collettiva.

La situazione sta diventando insostenibile. Senza un’inversione di rotta decisa – fatta di riforme coraggiose, di investimenti reali nel lavoro, nel welfare e nella famiglia – rischiamo di perdere non solo un ceto sociale, ma l’equilibrio stesso su cui si regge la nostra democrazia.

Serve una strategia di lungo periodo che rimetta al centro la dignità del lavoro, rilanci la natalità e sostenga la proprietà della casa per le nuove generazioni. Un fisco più equo, stipendi più competitivi, investimenti nei servizi pubblici (scuola, sanità, asili nido), incentivi per chi fa figli e un nuovo patto sociale tra Stato e cittadini: sono questi gli strumenti con cui ricostruire una classe media solida, vitale e capace di guardare al futuro con fiducia. Non è solo una questione economica, ma una necessità civile e culturale.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

8 + 6 =