Dall’autotrasportatore al grande tenore, la stretta del green pass inguaia tutti

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Milano, 25 aprile 1926. Al Teatro alla Scala va in scena la prima rappresentazione della Turandot di Giacomo Puccini. L’autore era morto due anni prima lasciando incompiuto il capolavoro, che sarebbe stato poi completato da Franco Alfano. Sul podio Arturo Toscanini, che, a metà del terzo atto, posa la bacchetta sul leggio e, girandosi verso il pubblico con gli occhi lucidi, esclama con voce rotta dalla commozione: «Qui termina la rappresentazione perché in questo punto il Maestro è morto». Ci sono altre versioni circa la frase esatta pronunciata dal celebre direttore, ma il senso è quello. Da allora il mondo è radicalmente cambiato e nessuno avrebbe potuto immaginare che al pubblico, così come agli artisti sul palcoscenico sarebbe stato richiesto un lasciapassare che ne attestasse l’avvenuta vaccinazione contro un virus Made in China o l’esecuzione di un tampone rinofaringeo dall’esito negativo eseguito nelle ultime 48 ore.

Invece oggi tutto ciò è tristemente vero e vale per tutti…dall’autotrasportatore al grande tenore. E così, come accadde durante quella storica prima assoluta, la Turandot potrebbe ancora essere interrotta di colpo, magari proprio immediatamente prima di quel “Vincerò” che il tenore intona nella cadenza finale della celebre aria “Nessun dorma”. Immaginiamo il pubblico che ascolta rapito, il tenore ha appena cantato la frase precedente “dilegua o notte, tramontate stelle, all’alba….”. Silenzio. Guardando l’orologio si rivolge al pubblico, che lo fissa attonito, e, con gli stessi occhi lucidi di Toscanini, esclama mesto: «qui la mia performance finisce, perché mi è appena scaduto il green pass!» e, da suddito modello, lascia il luogo di lavoro, ligio all’editto emanato dall’Imperatore.

Scenari dal terzo millennio. Può apparire una boutade, ma l’ipotesi, ad oggi, è tutt’altro che peregrina ed il rischio è che anche nei teatri d’opera il green pass si trasformi più che altro in un gran caos, tanto per mantenere l’assonanza. «Ma se una prima parte dell’orchestra, che legittimamente ha scelto di non vaccinarsi, non riesce a fare il tampone per un qualche disguido proprio la sera che ha un assolo importante, che si fa? E se gli scade il green pass subito prima o durante?». Si chiede un rappresentante sindacale del Teatro dell’Opera di Roma. «Siamo all’assurdo: in periodo di piena pandemia, con il mondo in lockdown, il nostro “protocollo covid” ha funzionato egregiamente permettendoci di lavorare con il risultato di zero contagi. Perché oggi che ne stiamo uscendo c’è questa stretta incomprensibile che può rischiare di compromettere seriamente gli spettacoli?». A pensarla così nelle fondazioni lirico sinfoniche sono in parecchi e già ci si organizza per manifestazioni di protesta e di solidarietà ai portuali di Trieste, ultimo baluardo delle libertà in questo paese che somiglia sempre meno ad una democrazia occidentale e sempre più alla Cina della gelida principessa Turandot.

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