Ecco la “Sinistrash”: com’è caduto in basso il post-comunismo

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Attenti quando passate a fianco di un cittadino straniero. Se il vostro sguardo – unica forma di libera espressione rimasta dopo la lingua tagliata, l’opinione negata e la mascherina in faccia – è troppo denso e serioso incrociando il suo, potreste essere dei maledetti razzisti e fare la fine di Gerry Scotti e Michelle Hunziker, dovendo scusarvi e sottomettervi all’altrui cultura alla quale, magari, non frega assolutamente nulla del vostro gesto, poiché innocuo e in buona fede. Abbiamo mai chiesto ai genitori di bambini musulmani o ebrei quanto demoniaco fastidio possa arrecare il crocifisso nell’aula della quarta C? Lo abbiamo mai chiesto a loro? Dio – che nel rispetto di ogni confessione chiameremo Dio – è un linguaggio universale. Ormai è peggio della Frittole cinquecentesca di Savonarola, Benigni e Troisi. Là neanche le donne si potevano guardare. Aspettate: neanche qui! Difatti, non ci resta che piangere, o meglio, non ci resta che rimanere lucidi rispetto al canto delle sirene politicamente corrette e non cadere nelle trappole imposte. È palese, infatti, il tentativo di estinguere tutto ciò che si pone come alternativo all’imposto. Tentativo che può realizzarsi solo se chi lo subisce s’inginocchia, sancendo, così, l’ufficialità di certe posizioni, legittimando, cioè, la rivalutazione di cosa sia civile e cosa non lo sia. Quello dei Fedez ed Elodie che crocifiggono il centrodestra con tutti i filistei, condannando lo stop sul cammino del Ddl Zan, delle Michela Murgia spaventata dalle divise – in un pensierino di prima media -, degli Alessandro Gassman che fa vanto delle sue doti di delatore, è mera eloquenza a scopo di sopravvivenza. Sinistrash, che incarna una nuova adolescenza dei compagni, il prodotto di scarto delle battaglie di un tempo, dei padri che furono, quella sinistra che ha eletto l’odio a oltranza come missione vitale. Quella sinistra passata dagli ultimi e dalle periferie ad essere periferia della politica e del buon senso. Una sinistra di servizio, a scopo professionale, vetrinizzata, una stereotipata missione civile. Là fuori l’Italia crepa, nella tanica piena del vuoto che campeggia come stendardo straccio su certe spallette, la scelta di replicare ciecamente il volere del sistema – vedasi gli esempi vip -. E chi se ne importa della forzata pausa costituzionale e della lotta in strada, della devastazione psicologica, specie dei più giovani, del tracollo dell’economia e delle lacrime dei lavoratori. Per costoro la scelta ideologica, che è narrazione del reale, prevale sulla evidentissima scelta di popolo, che è bruciante realtà. Vedasi Letta che vorrebbe far votare i sedicenni mentre i loro padri perdono il lavoro. Rimanere lucidi.

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Emanuele Ricucci
Emanuele Ricucci è nato a Roma il 23 aprile 1987. Lavora per la comunicazione di Vittorio Sgarbi, di cui è tra gli assistenti, ed è collaboratore per la comunicazione del Gruppo Misto Camera dei deputati (NI-U-C!-AC). Scrive di cultura per Libero Quotidiano, per Il Giornale e per il mensile CulturaIdentità. Ha scritto, tra gli altri, per Il Tempo e Candido, mensile di satira fondato nel 1945 da Giovannino Guareschi. È autore di satira ed è stato caporedattore de Il Giornale OFF, approfondimento culturale del sabato de Il Giornale e nello staff dei collaboratori “tecnici” di Marcello Veneziani. Ha studiato Scienze Politiche e scritto cinque libri: Diario del Ritorno (Eclettica, Massa 2014, con prefazione di Marcello Veneziani), Il coraggio di essere ultraitaliani. Manifesto per una orgogliosa difesa dell’identità nazionale (edito da Il Giornale, Milano 2016, scritto con Antonio Rapisarda e Guerino Nuccio Bovalino), La Satira è una cosa seria (edito da Il Giornale, Milano 2017) e Torniamo Uomini. Contro chi ci vuole schiavi, per tornare sovrani di noi stessi (edito da Il Giornale, Milano 2017). Questi ultimi prodotti e distribuiti in allegato con Il Giornale. Antico Futuro. Richiami dell’origine (Edizioni Solfanelli, Chieti, 2018, scritto con Vitaldo Conte e Dalmazio Frau) e, da ultimo, Contro la Folla. Il tempo degli uomini sovrani (con critica introduttiva di Vittorio Sgarbi). Dal 2015 scrive anche sul suo blog Contraerea su ilgiornale.it. È stato direttore culturale del Centro Studi Ricerca “Il Leone” di Viterbo ed è attualmente responsabile dell'Organizzazione Nazionale di CulturaIdentità

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