19 marzo, Festa del papà. O di quel che resta…

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Foto Mirza Asad Baig CC 4.0 sa nc by

«Un cuore di padre è il capolavoro della natura». Così recita una celebre frase dello scrittore Antoine François Prévost. Cuore e capolavoro della natura, sono questi i punti nevralgici della massima che ricostruiscono l’essenza della figura paterna. Parole scritte nel ‘700 ma che hanno un riscontro senza tempo a partire dall’ ambito scientifico. Infatti, secondo gli studi, la figura paterna è fondamentale per uno sviluppo sano ed equilibrato dei figli.

Questo perché le azioni, la presenza e l’influenza del padre hanno un impatto significativo sul benessere emotivo, sociale e cognitivo dei bambini. Non per nulla, lo sviluppo dell’autostima e delle competenze sociali del figlio, sono favorite dalla presenza e dal coinvolgimento attivo del padre. Quest’ultimo contribuisce alla formazione dell’identità e dell’autostima dei suoi figli attraverso interazioni gioco-ricreative, il supporto emotivo e modelli di comportamento positivi.

Da questi aspetti si può comprendere perché la mancanza o la debolezza del ruolo paterno può avere conseguenze negative sull’equilibrio emotivo dei bambini, come autostima ridotta, difficoltà relazionali, ansia e depressione. Stati psichici che derivano proprio dalla mancanza della presenza attiva della figura paterna. Uno scenario che sbugiarda gli slogan politicamente corretti a sfondo arcobaleno come “Love is love “oppure “La famiglia è dove c’è amore”.

Un disco rotto che si acuisce soprattutto in certe ricorrenze, come quella del 19 marzo, san Giuseppe, Festa del Papà.

Un giorno che dovrebbe essere in funzione dell’amore, del rispetto e della gratitudine verso una figura così portante nella vita dei figli. “Dovrebbe”, un condizionale che ci sta tutto, visto che quella del padre, e più in generale dell’uomo, è un’immagine costantemente attaccata da un transfemminismo sempre più dilagante intriso di una certa misandria a sfondo razzista, dove, infatti, il maschio bianco etero basic viene descritto come una specie di nocumento dell’universo femminile e di conseguenza un nemico assoluto delle donne.

Un transfemminismo dove tra i vari slogan spunta anche la famigerta frase “non ho bisogno di un uomo per essere madre”.

Libertà della donna o egoismo in rosa? La risposta la danno sempre gli studi, secondo i quali, la figura paterna fornisce un sostegno emotivo unico e diverso da quello materno, offrendo una base sicura per l’esplorazione del mondo esterno. Stando così le cose, è vero, una donna ai giorni nostri può essere madre anche senza un uomo, ma un figlio non può essere privato di una figura così rilevante e unica, come lo è appunto quella paterna. Una rilevanza che si può riscontrare anche nello sviluppo delle abilità sociali dei figli.

Infatti, attraverso l’interazione con il padre, i figli imparano a gestire conflitti, ad adattarsi alle dinamiche sociali e a comunicare in modo efficace. Ecco perché l’assenza di un padre o un coinvolgimento limitato può ostacolare lo sviluppo di queste capacità, rischiando così di portare i figli in uno stato di isolamento sociale e difficoltà nel relazionarsi con gli altri.

Una figura che, non solo è puntualmente attaccata dall’ ideologia transfemminista ma è anche puntualmente calpestata dal sistema. Basti pensare ai 4 milioni i padri separati in Italia, dove nel 94% delle separazioni che coinvolgono un minore, il padre è tenuto alla corresponsione di un assegno di mantenimento

L’importo di quest’ultimo varia dal 29% fino al 50% del reddito netto mensile. Nel 69% delle separazioni che coinvolgono un minore, la casa coniugale è assegnata alla madre, mentre il padre, se intestatario del mutuo, rimane obbligato al pagamento delle rate in aggiunta all’assegno di mantenimento. Ma non è finita qui! Le spese sostenute per il mantenimento dei figli, come l’assegno di mantenimento o le rate del mutuo della casa non assegnata, non sono deducibili per l’accesso a case popolari o misure di sostegno al reddito, escludendo così molti padri separati dall’accesso a queste provvidenze.

Stando così le cose, si può comprendere il perché su 4 milioni di padri separati, 800.000 vivono sotto la soglia di povertà; di questi, 500.000 non è in grado di far fronte alle spese minime di sostentamento, dipendendo dall’aiuto della famiglia o dagli istituti caritatevoli. Patriarcato? Sicuramente questo termine stona, e parecchio, con la realtà appena descritta. Una realtà denunciata di recente dal film di Fabrizio Moro “Martedì e Venerdì”. Un titolo che, infatti, fa riferimento ai giorni in cui Marino, separato da sua moglie Simona, può vedere sua figlia: soltanto due giorni a settimana, appunto il martedì e il venerdì.

“Io e Alessio (De Leonardis, ndr), che ha scritto e diretto il film con me, non ci siamo messi a fare rapine ma ci siamo passati anche noi. Volevamo raccontare quello che succede a tanti papà che, segnati dalle condizioni delle separazioni, in tanti casi finiscono per chiedere aiuto alla Caritas. Non è una guerra tra donne e uomini, sia chiaro, ma se è sacrosanto fare di tutto per difendere le prime da qualsiasi violenza, bisogna fare altrettanto con i diritti dei secondi. Lo dico perché sembra un tabù: nessuno vuole affrontare il tema dei papà separati. Da quando è uscito il film sono stato travolto dai messaggi delle associazioni che li riuniscono”.

Sono state queste le parole del cantautore rilasciate in un’intervista a Il Messaggero, raccontando la sua personale esperienza con la sua ex: “C’era malessere e quello mette in atto meccanismi di rabbia che finiscono per scatenare di tutto. Dopo un po’, per fortuna, abbiamo capito quello che stavamo facendo, e i danni che avremmo procurato ai nostri figli, e ci siamo fermati. Oggi posso dire che la madre dei miei due figli è una donna meravigliosa. Abbiamo trovato un equilibrio. L’ho invitata anche alla prima del film”.

Non è una guerra tra donne e uomini, sia chiaro, ma se è sacrosanto fare di tutto per difendere le prime da qualsiasi violenza, bisogna fare altrettanto con i diritti dei secondi”. Parole che sia la politica sia la società dovrebbero scolpire sul petto ma soprattutto nei fatti.

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