Il piatto contadino lungo quei viaggi di fede

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L a radice “halach” (andare) è legata al termine “halachà” (cammino) che indica ciò che è alla base della norma divina: seguire Dio, i suoi dettami, i modelli che ha rivelato all’uomo. Un viaggio spirituale fi no al raggiungimento del Creatore. Attraverso il viaggio l’uomo è invitato a ritornare a Dio perché il suo cammino è verso il Divino e la sua patria è il Cielo. Questi viaggi o pellegrinaggi divennero fondamentali a partire dal 1300, anno del primo Giubileo indetto da Bonifacio VIII, che rendeva questa azione necessaria, ogni venticinque anni, affinchè tutti potessero intraprendere quel viaggio spirituale di redenzione volto al raggiungimento dell’Altissimo. Da questa premessa il pellegrinaggio terreno, verso Roma o verso Santiago De Campostela o verso Gerusalemme o sulla Via di Assisi, è un segno storico e tangibile di quel viaggio spirituale. Negli anni i pellegrinaggi, con tutta la loro pericolosità e fatica, sono notevolmente aumentati: attraverso vecchie e nuove strade percorse da centinaia di pellegrini cominciarono a sorgere rifugi, osterie, ostelli fino ad arrivare alle guide che tracciavano i percorsi e al cibo da strada, facile da mangiare durante il cammino. L’Erbazzone reggiano è una preparazione contadina, antichissima e legata ai viaggi di fede. Era facile da preparare e rappresentava una ricetta completa per affrontare percorsi faticosi a base di pasta, azima e tirata molto sottile, ripiena di biete e spinaci, uova e formaggio. Nato dalle mani di una “razdora”, la tipica massaia emiliana, l’erbazzone è espressione della cultura gastronomica della provincia di Reggio Emilia. In origine il suo nome era “scarpasòun”, espressione dialettale che faceva riferimento ad una ricetta contadina che prevedeva l’uso del fusto bianco della bietola, detto scarpa. Successivamente è diventato “erbazzone” (grande torta d’erba), ad indicare chiaramente gli ingredienti base con cui è composto il suo ripieno. La sua pasta azzima che avvolge il ripieno dimostra una contaminazione da parte della cultura ebraica: in città gli ebrei erano particolarmente numerosi e il primo a metterlo in vendita fu il forno del ghetto, nel centro di Reggio Emilia. Da lì si diffuse in tutta la città e successivamente in tutta la provincia

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