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Se “cibi condimentum est fames” (La fame è il condimento del cibo) è anche vero che “ciò che basta non è mai poco”.
La cucina dei contadini, una cucina semplice, da sempre spunto letterario di grande importanza ma anche segno di devozione religiosa e di usanze ataviche.
Il cibo delinea i valori sociali e umani e come per la “Maddalena di Proust” e nei racconti di Verga e di Pirandello, il cibo e la tavola evocano un passato ormai lontano fatto di ricordi che caratterizzano le persone: il profumo del pane caldo e dell’ammoniaca nei dolci; la zuppa di fave consumata in “Novelle Rusticane” e nei due romanzi “I Malavoglia” e “Mastro Don Gesualdo”; e Jeli il pastore che consuma ghiande arrostite talvolta accompagnate da pane ammuffito, mentre accompagna un gregge non suo.
Le umili tavole, i tavolacci di legno dove sedevano i contadini e sui quali regnava il pane nero, perchè quello bianco stava solo sulle tavole dei ricchi.
Infatti il pane, dalla colazione al pasto della sera, ha una valenza quasi religiosa, e non viene sprecato nemmeno quando sta per andare a male: pane e cipolle, o dentro la zuppa al finocchio selvatico, come lo mangia compare Meno nelle Novelle Rusticane.
Il pane è il vero protagonista di queste tavole, e che rappresenta il fine dell’esistenza umana, la speranza e l’unica vera ragione del faticoso lavoro. “Basta che c’è il pane sulla tavola”.
Ma la società rurale aveva dei precisi rituali legati al cibo che dovevano essere compiuti, come si diceva, per “benedizione”: il cibo portava armonia e buona sorte e in precisi periodi dell’anno bisognava consumare gli alimenti che la natura offriva in quel momento, come accadeva, ad esempio, nella notte più magica dell’anno, quella che coincideva con il solstizio d’estate e la festa dei San Giovanni, il 24 giugno.
Le primizie, già come accadeva sin dai tempi degli antichi egizi, venivano poi offerte ai rappresentanti religiosi e alle persone di riguardo
Beatrice Gigli
IL PIATTO. Frittata al tarassaco
Ha il sapore della primavera e il gusto di aver raccolto con le proprie mani uno degli ingredienti. Perfetta per un picnic all’aperto, la frittata al tarassaco è uno dei modi più semplici per assaporare questa erba spontanea. Raccoglietela solo se siete sicuri di riconoscerla e in luoghi lontani da fonti di inquinamento.
Ingredienti
100g di foglie di tarassaco
4 uova
50g di Parmigiano Reggiano grattugiato
sale e pepe q.b.
olio extravergine di oliva q.b.
Procedimento:
Raccogliere le foglie di tarassaco, sciacquarle accuratamente e lasciarle asciugare su un canovaccio.
In una ciotola sbattere le uova con il Parmigiano Reggiano grattugiato e il sale e pepe a piacere.
Aggiungere le foglie di tarassaco alle uova sbattute e mescolare bene.
In una padella antiaderente, scaldata a fuoco medio, versare un filo d’olio extravergine di oliva e versare il composto di uova e tarassaco.
Cuocere la frittata per circa 5 minuti, girandola con l’aiuto di un piatto e cuocendo anche l’altro lato per altri 5 minuti.
Servire la frittata calda o fredda a piacere.
Alla scoperta delle erbe selvatiche commestibili
Un’attività che unisce attenzione all’ambiente e gusto. Ma che richiede molta attenzione.
Il foraging, ovvero la pratica di raccogliere spontaneamente erbe, frutti e altre risorse naturali, è un’attività sempre più popolare sia tra gli appassionati di cucina che tra gli amanti della natura. La primavera è la stagione ideale per iniziare questa pratica, poiché è il periodo in cui la natura è particolarmente generosa e offre una vasta gamma di erbe selvatiche commestibili. Anche se sembra un’attività semplice e rilassante, richiede molta preparazione, perché raccogliere erbe che non si conoscono può essere pericoloso per la salute, dannoso per l’ambiente e a volte anche vietato per legge (in caso di piante o specie protette). Ma quali sono le erbe selvatiche commestibili più comuni da imparare a riconoscere? Molte di loro fanno parte anche della cucina tradizionale regionale.
Il tarassaco ad esempio, conosciuto anche come dente di leone, è una pianta molto comune in Italia. Si può trovare facilmente nei prati, nei parchi e lungo i bordi delle strade. Le sue foglie sono ricche di vitamine e minerali e possono essere consumate sia crude, in insalate, sia cotte. I fiori gialli del tarassaco sono commestibili e possono essere utilizzati per preparare sciroppi e marmellate.
L’ortica è un’altra pianta spontanea molto diffusa in Italia. Nonostante la sua fama di pianta urticante, l’ortica è un’ottima fonte di vitamine, minerali e proteine. Può essere raccolta e consumata in diversi modi, come ad esempio in zuppe, frittate e pesto. Per evitare la sensazione di bruciore durante la raccolta, è consigliabile indossare guanti e raccogliere solo le punte più giovani e tenere.
La borragine è una pianta spontanea tipica delle regioni mediterranee. È caratterizzata da foglie ruvide e fiori di colore blu intenso, molto belle anche da piantare per decorare vasi e aiuole. Le foglie e i fiori della borragine sono commestibili e possono essere utilizzati per insaporire insalate, zuppe e frittate. Inoltre, i fiori possono essere cristallizzati e utilizzati come decorazione per dolci e dessert.