Pericoloso conformismo della sinistra ideologica

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Immagine di scontri di piazza, inizio anni '70

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Fino a ieri protagonisti dell’eversione, oggi opinionisti, magistrati, insegnanti

L’elevazione del capriccio a diritto che abbia dignità di legge, giuridica e morale. Un atto che non si può perdonare al ’68 e che inquina anche l’oggi. Su tutti il capriccio dell’utopica distruzione senza una ricostruzione; il capriccio di una società di anarcoidi ribelli che finisce per istituire la massa più conforme e compatta, di una società di diritti senza doveri, di piacere senza fatica, senza autorità.

Il capriccio di vedere la rivoluzione antiborghese e anticapitalista, fatta da figli della borghesia, che “servì al capitalismo per liberarsi delle ultime resistenze al dominio assoluto del denaro, del profitto e del consumo”, nota Marcello Veneziani. Il capriccio di pensare che l’eversione, in cui gran parte del sessantotto di sinistra è sfociato, potesse portare alla redenzione sociale.

La febbre di una generazione misurata sulla pelle d’Italia. Perché se da un lato la vitalità di quegli attimi ha sognato l’accelerazione verso il futuro, dall’altro è stato la coltura batterica per la demolizione dell’integrità, costituita da una solida identità, quella “della famiglia e dell’amor patrio, dell’autorità e del senso religioso”, evocando ancora Veneziani, “della tradizione e del senso morale”, un capriccio che “svolgeva un compito utile al capitalismo, alla globalizzazione e alla borghesia cinica, che poi si scoprirà radical e progressista”. Il ‘68 fu l’adolescenza della modernità. Giullaresca, sboccata, ma anche armata e pericolosa introduzione alla stagione di terrore che colpì l’Italia.

Quella febbre fu incubazione del terrore. Le prime volontà di sovversione, sponsorizzate dal PCI, poi portavoce della protesta studentesca, e dal PSI, sin dagli anni ’50, alimentando ad arte atteggiamenti e modalità di contestazione delle istituzioni nelle università. La longa manus della sinistra ideologica. Quei militanti della lotta armata che vennero a formarsi proprio con le utopie rivoluzionarie degli anni ’60, le stesse della sinistra extraparlamentare che si potranno toccare con mano nel credo di Prima Linea o delle Brigate Rosse. E poi la mitizzazione dell’antifascismo come mezzo di depurazione globale – innalzato a battaglia metastorica, capace di comprendere non solo i neofascisti, ma di comprendere nella semantica da guerra chiunque si fosse frapposto agli ideali di rivoluzione dei sessantottini, quindi anche democristiani, figure dell’autorità – e la Resistenza da compiere, da terminare, da proseguire in armi e in anima.

Il ‘68 e la sua volontà distruttrice, rivoluzionaria, fu incubazione del terrorismo politico e culturale e nei relitti umani che oggi popolano il nostro vivere, infilando ovunque Bella ciao a sessantadue anni, come unica giustificazione d’esistenza, si manifesta ancora, altro che il fantasma del fascismo. Di quella “rivoluzione di cartapesta e spranghe ce ne siamo liberati”, ricorda Massimo Fini, “dei sessantottini no. Sia pur invecchiati formano una potente framassoneria, soprattutto nei media e nella politica, che si autotutela e sbarra il passaggio agli altri”. Proprio così. Se il ‘68 fu contestazione dei modelli di autorità, la nostra epoca ne è prosecuzione concreta: rappresenta la fine dei modelli di autorità. Un terrorismo psicologico e culturale, quello odierno, prosecuzione di quei lagnosi prodromi. Nelle cronache assurde del nuovo femminismo contro il maschio bianco, colpevole di qualsiasi cosa, nella volontà di distruzione del nucleo familiare, specie nella figura del padre, nella rideterminazione del concetto di integrità degli uomini, non più dovuta a determinati valori, nella visione di un mondo eternamente migrante e uguale, nella riduzione del credo religioso a fatto privato senza dignità pubblica, nell’antifascismo come punto di partenza e termine della storia, come unica strada di concessione alla Civiltà, che ammutolisce e umilia la democrazia, nell’abbattimento di ogni confine e nella grande sostituzione dei popoli e in molte altre fantasie che oggi, più di cinquanta anni fa, complice anche la deriva della civiltà cattolica, trovano attuazione. Per un pelo non siamo noi a realizzare il capriccio bagnato del sessantotto. Un sistema di terrorismo culturale che è impossibile contestare, poiché fortemente aggrappato agli spazi. La battaglia degli spazi, cominciata dai sessantottini, oggi è vinta. Ambiti conquistati, letteralmente occupati, che oggi fruttano; uomini giusti al posto giusto per determinare la cultura di massa e il sentire comune, che siano essi magistrati, docenti universitari, presidenti di associazioni culturali, giornalisti, scrittori, opinionisti. Un sistema che genera uno stargate entro cui risuscitare continuamente determinati precetti culturali, precise visioni del mondo, anche quando il sistema politico che le sostiene non si trova al potere. Un sistema di terrorismo culturale che è impossibile contestare e che non si limita ad essere l’alternativa “culturale e politica” vincente in democrazia ma punta all’estinzione, alla negazione, alla castrazione di tutto ciò che si pone come alternativa a ciò che esso incarna. Il terrore continua.

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Emanuele Ricucci è nato a Roma il 23 aprile 1987. Lavora per la comunicazione di Vittorio Sgarbi, di cui è tra gli assistenti, ed è collaboratore per la comunicazione del Gruppo Misto Camera dei deputati (NI-U-C!-AC). Scrive di cultura per Libero Quotidiano, per Il Giornale e per il mensile CulturaIdentità. Ha scritto, tra gli altri, per Il Tempo e Candido, mensile di satira fondato nel 1945 da Giovannino Guareschi. È autore di satira ed è stato caporedattore de Il Giornale OFF, approfondimento culturale del sabato de Il Giornale e nello staff dei collaboratori “tecnici” di Marcello Veneziani. Ha studiato Scienze Politiche e scritto cinque libri: Diario del Ritorno (Eclettica, Massa 2014, con prefazione di Marcello Veneziani), Il coraggio di essere ultraitaliani. Manifesto per una orgogliosa difesa dell’identità nazionale (edito da Il Giornale, Milano 2016, scritto con Antonio Rapisarda e Guerino Nuccio Bovalino), La Satira è una cosa seria (edito da Il Giornale, Milano 2017) e Torniamo Uomini. Contro chi ci vuole schiavi, per tornare sovrani di noi stessi (edito da Il Giornale, Milano 2017). Questi ultimi prodotti e distribuiti in allegato con Il Giornale. Antico Futuro. Richiami dell’origine (Edizioni Solfanelli, Chieti, 2018, scritto con Vitaldo Conte e Dalmazio Frau) e, da ultimo, Contro la Folla. Il tempo degli uomini sovrani (con critica introduttiva di Vittorio Sgarbi). Dal 2015 scrive anche sul suo blog Contraerea su ilgiornale.it. È stato direttore culturale del Centro Studi Ricerca “Il Leone” di Viterbo ed è attualmente responsabile dell'Organizzazione Nazionale di CulturaIdentità

13 Commenti

  1. gli agitprop di sinistra sono ovunque nei media nei tribunali nelle universita, tutti balordi incoscenti e criminali basta guardare i tg nazionali, i film, i giornaloni, sono avvoltoi che campano sulla pelle delle persone serie e onest, ma anche coglioni che non sanno alzare la testa e opporsi a questo scempio dell’Italianita’ nel mondo, passeranno un’altro paio di generazioni prima di ritornare al * normale* speriamo, non venga tutto distrutto!!!

  2. finalmente un articolo serio su questa autentica piaga della nostra democrazia togliattiana ! Sarebbe stato perfetto, se esso riportasse anche i nomi dei soggetti in questione, ma forse un “pezzo da quotidiano” non li avrebbe contenuti tutti ! E’ da sempre stato il mio dilemma da decenni: MA DOVE SONO FINITI TUTTI QUEI DELINQUENTI CHE VOLEVANO SOVVERTIRE CON LA VIOLENZA LE ISTITUZIONI E SOSTITUIRLE CON UNA DITTATURA SOVIETICO STALINISTA E/O MAOISTA? Possibile che siano tutti passati a miglior vita ? Eppure molti di loro, non solo hanno operato nelle categorie di cui all’articolo, ma sono tutt’ora alacremente al lavoro paventando ideali e proponendo soluzioni non troppo dissimili da quelli che sostenevano con le armi in pugno, nelle piazze ! Penso con orrore ad alcuni magistrati a capo di procure vitali nel paese ! Eppure circolano anche tutt’ora milioni di sciagurati cittadini VOTANTI che vedevano con simpatia ed ammirazione (anche invidia) quelle manifestazioni di orripilante violenza soprattutto politica, cittadini che tutt’ora esercitano il diritto di voto esattamente come me ! Vorrei concludere con una tristissima e melanconica considerazione: quell’esercito di delinquenti TUTTI LIBERI E FELICEMENTE COLLOCATI, HANNO APPROFITTATO PROPRIO DELLA DEBOLEZZA DELLO STATO CHE VOLEVANO ABBATTERE, PER MANTENERE LA LIBERTA’ ED I DIRITTI DI CUI ANCORA GODONO !

  3. Una sequenza di affermazioni ridicole, da vero ignorante della storia nazionale del dopoguerra. Tipico dei frustrati di destra, gente che non ha visibilità per la propria pochezza e sciatteria, non certo per il boicottaggio di chissà chi. Basta leggere questa patetica pubblicazione per capire che siete il nulla. Mica per colpa dei komunisti, vostra ossessione paranoide.

  4. Tutto vero, credo che è quasi impossibile andare contro al pensiero unico che viene propagandato in Italia. Ormai è anche peggio del 68. Questi figli del 68 hanno preso anche l’arroganza dell’essere dei figli unici coccolati ai quali non si è mai detto di no quindi sono piu’ ignoranti dei loro padri ma con piu’ ego quindi piu’ pericolosi e piu’ spregiudicati ma gratta gratta il loro obiettivo e’ sempre il consolidamento dei posti di rendita. L’ingresso in europa ha dato loro quel bagaglio ideologico falso che ora usano per schiacciare chi non la pensa come loro e mi riferisco a questi contenitori vuoti tipo accoglienza, non discriminazione, pari opportunita’, tutto questo universo di onlus, etc. difficile da smontare perchè apparentemente come si puo’ essere contrari al “bene”? andrebbero analizzati uno per uno con tempi e modi che non sono quelli della televisione, servirebbe la nascita di un movimento ideologico di buon senso che vada contro questo pensiero dominante che sembra volto all’autodeterminazione ma che in realta’ mina le persone nel loro intimo.

  5. Nell’articolo vedo confermate le mie idee circa il ‘68 e l’opportunismo che ha influenzato tutto quel popolo di finti rivoluzionari. Non dimentichiamo poi i cavalli di Troia dentro i quali si sono nascosti questi personaggi e tutta la corte di nani e ballerine che li ha sostenuti. Colpa di chi non ha avuto allora, ed oggi, il coraggio di ribadire il proprio spirito conservatore (l’autore e Veneziani sono le eccezioni, ma bisogna andarli a cercare negli anfratti adeguati) e di gridare forte che non sempre una eliminazione di riferimenti ideali deve essere anche distruzione completa degli stessi. Il rischio era ed è quello di apparire vecchi e retrogradi, ma io sono sicuramente vecchio e non sentendomi retrogrado posso gridarlo in questo deserto.

  6. Dall’eskimo alla grisaglia, dalla “sezione” ai CdA, dal “collettivo” al colletto bianco, dalla lotta di classe alla gauche-caviar, dall’okkupazione in fabbrica a quella del superattico. Nacquero incendiari e finirono pompieri. Non prima di aver razziato ogni grisbi dalle macerie fumanti.

  7. Ricucci sei ridicolo: i disvalori di cui sopra sono stati veicolati in Italia dalle orrende tv berlusconiane.ps: sono fascista.

  8. In parte condivisibile. Non sono d’accordo sulla genesi del capitalismo il quale, in sè, e in un’economia di libero mercato, non ha certo bisogno di scrollarsi di dosso presunte resistenze. Ogni uomo aspira a migliorare la propria condizione economica e di benessere e denaro, profitto e consumi portano ad una distribuzione generalizzata dei benefici. Diverso è il discorso quando potere finanziario, economico e politico sono riuniti nelle mani delle poche identiche persone: se anche è capitalismo, è e resta capitalismo di Stato con potere assoluto che beneficia solo e soltanto sé stesso drenando risorse a tutti i cittadini e al Paese. A beneficiare di questo sistema socialista le multinazionali e i colossi a partecipazione pubblica mentre l’impresa privata di piccole e medie dimensioni chiude. Questione di tempo e ci ritroveremo come nella vecchia URSS in virtù del fantomatico benessere della comunità la quale arranca per sopravvivere con esclusione della sola nomenklatura.
    La risata starebbe nel motto del ’68, in quel dell’Università di Berkley, “E’ vietato vietare”: oggi gli stessi che urlavano quelle parole stanno imponendo una dittatura anche di pensiero e di opinioni con due sole possibilità: o completamente imbecilli da non rendersene conto o falsi e ipocriti come nessuno, vero Aramis36, ah ah ah

  9. In Germania giacciono sottoterra dagli anni 70 e non hanno mai partecipato ai dibatti o a lezioni universitarie. Solo da noi succedono queste cose. Pensate alle famiglie delle vittime. Se io fossi il figlio di uno di questi giustiziati dai terroristi probabilmente sarei diventato un killer e sarei andato a prenderli uno ad uno. Come il Mossad ha fatto con tutti i terroristi di Israele che pensavano di farla franca in altri paesi.

  10. Le fiamme del ’68, con le camionette della Polizia lasciate bruciare a monito. E sullo sfondo di un’Italia che aveva il fiato corto, la mafia di sempre a fare indisturbata i suoi affari.
    Cambia la scena, passano gli anni, i sessantottini si trovano ‘TUTTI LIBERI E FELICEMENTE COLLOCATI’… e i mafiosi continuano a fare il loro mestiere. E chissà per quale miracolo, il governo in carica, i cui membri, per un verso o per un altro, al di qua e al di là dell’asticella anagrafica, ideologicamente sono sempre stati vicino al quel movimento, inciampando sul Covid-19, mettono in libertà quasi tutti i mammasantissima detenuti al 41-bis.
    Che dire ancora? Ah sì, i sessantottini, o meglio l’ordito di quel movimento cresciuto tra le pieghe del fu Pci, raggiunge altri traguardi: le forze dell’ordine nello svolgimento dei loro compiti istituzionali o vengono pestati, tanto da finire in ospedale, o vengono chiamati a rispondere di eccesso di legittima difesa. Mentre i commercianti di carne umana, attraverso le compiacenti Ong, scaricano un giorno sì e l’altro pure migliaia di extracomunitari di cui non si sa niente né dal lato della salute né dal lato anagrafico: e poi è compito del ministro dell’Interno, il ministro che quei confini, anche a causa de Covid-19, dovrebbe, come avviene nel resto del mondo, tenere ermeticamente chiusi, curane la distribuire.
    Ed è così tutti i santi giorni che Dio manda sulla Terra: con questo sorosiano governo che sta seminando, per quanto è lungo e largo lo Stivale, volontariamente la pandemia. Perché delle due l’una: o sono fake news tutti gli articoli pubblicati sui quotidiani (e allora fa male Conte a non intervenire per smentirle) o questo governo sta facendo di tutto per rinfocolare la pandemia e così vivacchiare alla sua ombra mortale.

  11. Aramis, e tu sei un povero sottosviluppato servo scodinzolante di tutti i padroni, che in ben cinque righe di fesserie biascicate a caso, che potevi scrivere in calce a qualunque articolo senza leggerlo, non hai espresso una sola controargomentazione. Mutande sbrodolanti di liquame maleodorante al solo pensiero di elezioni democratiche?

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