Alcune pagine della Basilicata vengono offerte ai lettori da Isabella Corrado, curatrice del saggio di Francesco Bastanzio, “Senise nella luce della Storia. Fonti materiali per la Storia nostrana” (Rubbettino, pp. 279, euro 19). Il libro contiene un saggio su Nicola Sole e la prefazione di Andrea Di Consoli.
Isabella Corrado conserva un legame strettissimo con la sua terra, la Lucania. Un amore che proietta altresì nell’agenzia letteraria che prende il suo nome.
Dottoressa Corrado, con il saggio “Senise nella luce della Storia” si realizza un’operazione di identità culturale. Quali sono i tratti salienti?
Proprio così, il saggio storico di Francesco Bastanzio è un vero e proprio patrimonio culturale ricevuto in eredità dal passato, da reputare bene comune e preservare. Inoltre, posso affermare con convinzione che l’elemento assolutamente caratterizzante di questa narrazione, sia lo sguardo sui costumi e sulla società; questo da la possibilità a chi legge di entrare nelle case e abitudini della gente nei vari periodi storici. Di Consoli nella Prefazione scrive quanto sia «inutile ribadire come un microcosmo possa in sé racchiudere tutte le dinamiche e le contraddizioni di un macrocosmo. Leggere questa storia di Senise significa ripercorrere, sia pure da una postazione periferica, tutte le vicende storiche “italiane” dall’impero romano ai primi del ’900. Ma è anche un modo per entrare nello “specifico” di una piccola comunità lucana, che ha aderito o reagito alle dinamiche della Storia con i suoi precisi caratteri identitari». Nel suo saggio, Bastanzio non parla infatti soltanto di Senise, ma di Lucania e di Storia Nazionale, in questo sta l’operazione identitaria. Inoltre, il tipo di rappresentazione della realtà lucana è differente: ritratto libero da tanta ridondanza delle raffigurazioni di un popolo contadino per cui è necessario provare pietas, di una regione chiusa al resto d’Italia, luogo distante dai sentimenti nazionali. Bastanzio narra anche una Lucania di professori, medici, proprietari, avvocati, preti, poeti, che si spostano, costruiscono relazioni sociali, scrivono la Storia e la vivono.

Chi era Francesco Bastanzio?
Francesco Bastanzioè stato un insegnante e storico lucano del Novecento, scomparso nell’agosto del 1963, seppure in lui si faccia sentire molto forte il peso dell’Ottocento, nelle influenze letterarie, ideologiche, nel modo di scrivere, nel linguaggio, nei concetti e nella scelta dei contenuti. Bastanzio è stato un uomo di forti rapporti sociali e umani. Nel testo ho fatto riferimento allo scambio epistolare con Benedetto Croce, all’amicizia con Paolo De Grazia, con Pietro Battifarano, oltre a tanti altri intellettuali e politici dell’epoca.
Dunque, un omaggio doveroso ad un grande lucano?
Certo. Ho ritenuto necessario, dopo gli anni di studio e ricerca dedicati da Bastanzio a questo lavoro, riprendere in mano il saggio, che fino ad oggi è stato solo una “bozza” cartacea non revisionata e fuori dal circuito editoriale italiano, e farne un’edizione critica, al fine di assegnare il giusto posto nella Storia a un intellettuale, la cui opera è stata, in passato e ancora oggi, punto di riferimento per gli studi sul territorio e non solo. Insomma, Francesco Bastanzio è un intellettuale da riscoprire.
Quanto è importante in questo periodo di sradicamento identitario la riscoperta della storia locale?
La memoria storica permette di percorrere una strada all’indietro e trovare delle tracce, di risalire a quello che siamo, appellandosi a quello che avremmo potuto essere. Ho curato questo saggio per raccogliere soprattutto un’eredità culturale di grande valore storico e umano. Poi, per far sì che le nuove generazioni e quelle a venire possano conoscere questo testo e la Storia che narra.
Curare un saggio storico di questo tipo ha un significato anche in qualche modo “sentimentale”. Che valore ha oggi la “cura”?
Viviamo in una società in cui si tende a buttare tutto ciò che è un po’ consumato, tutto ciò che è un po’ più complesso: una pianta un po’ secca, un libro e un vestito non in voga, una relazione in crisi, un ricordo del passato. Se mi chiede che valore ha oggi la cura, ebbene le dico che è la formula di una società civile. Recuperare ciò che lo merita ha anche a che fare con la dignità della memoria. Un lavoro di questo tipo non è facile da maneggiare, perché c’erano degli errori di varia natura ma anche perché il processo di lavorazione può causarne degli altri. Inoltre si deve sempre partire dal fatto che l’indagine storica è stata condotta in quel determinato periodo, da quell’autore che aveva accesso a dati e mezzi diversi da quelli di oggi. Dietro a questo saggio c’è un lavoro durato un paio d’anni, che è stato sia quello di studio e correzione della bozza originale, sia quello di progettazione della nuova edizione, infine di mediazione con Rubbettino Editore che ha pubblicato il saggio.