“Travaglio: un attore, fa quello di sinistra ma in realtà è di estrema destra”

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A Trino, Alessandro Sallusti scatenato al Festival delle Città Identitarie diretto da Edoardo Sylos Labini

Marco Travaglio? “Un attore, fa quello di sinistra ma in realtà è di estrema destra”. Gli Agnelli? “Erano molto ‘padroni’, gli editori più bruschi”. E’ un Alessandro Sallusti a tutto tondo sul palco di Palazzo Paleologo a Trino, nell’ottava edizione del Festival delle Città Identitarie, la manifestazione itinerante ideata e diretta da Edoardo Sylos Labini che riscopre i simboli culturali, storici e artistici delle città di provincia italiane.

Nel dialogo su  La  Trino dei tipografi e di Cavour, il direttore di Libero – “lo sarà fino ad agosto, poi ritorno al Giornale”, sottolinea – parla della libertà di stampa e del rapporto con gli editori. “Ne ho conosciuti tanti” ed “è ovvio” che ognuno di loro “ha una visione politica e culturale e ha degli interessi”, ma sicuramente i più bruschi “erano gli Agnelli, che anni fa erano editori di quello che passa per essere il giornale più indipendente del mondo, il Corriere della Sera: erano molto ‘padroni’ nei modi di protestare o di chiedere”. Tutto il contrario di Berlusconi, che invece “ha sempre governato con la persuasione e con l’autorevolezza”.

Chiaramente, “libertà di stampa non vuol dire che un giornalista può scrivere quello che vuole: quello è il caos. I giornali devono avere un’identità” che viene data dall’editore, anche scegliendo un direttore che gli è affine. Io non sono super partes, anzi, se mi danno del super partes mi offendo, querelo. Per questo “mi ‘accaso’ con editori che hanno la mia stessa identità”. Non tutti l’hanno fatto – lo stuzzica Sylos Labini – perché ad esempio Travaglio ha cominciato sul Giornale… “Marco Travaglio è un attore, è bravissimo: fa quello di sinistra, ma in realtà è di estrema destra. Siccome il personaggio funziona, lui recita quello. E in teatro è ancora meglio che al giornale”, ironizza Sallusti. “Nel suo copione c’è anche l’essere stato il braccio destro di Montanelli: è una balla clamorosa, negli anni Ottanta lavoravo con Montanelli e Travaglio era il vice corrispondente dello sport da Torino. Montanelli non sapeva nemmeno che esisteva”, racconta.

Dal palco di Trino arriva poi l’annuncio di un libro su Giorgia Meloni. “Nei mesi scorsi, ho avuto l’onore e il piacere di raccogliere la sua visione, che dovrebbe diventare un libro a breve. ‘Il mio canto libero’ potrebbe essere un titolo perfetto”, dice, riferendosi al celebre brano interpretato da Arianna durante la serata. Meloni “sarebbe molto a suo agio su questo palco, perché il senso della sua visione gira proprio attorno all’identità. Siamo in un’epoca in cui ci vogliono far credere che l’identità sia una cosa del passato, invece è il futuro: senza identità non ci può essere futuro”. Tra le sfide che Giorgia Meloni è chiamata ad affrontare c’è anche la riforma della giustizia. “Mi auguro che ce la faccia: non mi sembra che sia impaurita, ma non bastano la volontà di un premier o di una maggioranza, nè i voti in Parlamento. Quello della magistratura è un potere enorme e subdolo”, spiega Sallusti, che sugli scandali della magistratura ha scritto un libro a quattro mani con l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, “Il Sistema”, portato in teatro da Edoardo Sylos Labini.

Poi il dialogo si ‘allarga’ alla figura di Cavour. Il vicepresidente della Fondazione dedicata a Camillo Benso, Marco Fasano, ha ricordato “la grandezza di quello che è stato non solo uno statista, ma un uomo di Stato”, mentre l’attore Sebastiano Tringali che ha recitato proprio alcuni brani tratti dai suoi celebri discorsi. Spazio anche alle risate, con #lepiùbellefrasidiOsho di Federico Palmaroli, che ha portato sul palco alcuni dei suoi divertenti meme. Infine i ringraziamenti del sindaco Daniele Pane, per cui il Festival delle Città Identitarie “rappresenta un’opportunità unica di raccontare la nostra Trino agli italiani”. In un videomessaggio i saluti del Presidente della Regione, Alberto Cirio, che ha ricordato che il Piemonte “è una regione che ha una storia solida, con una forte identità culturale” che attraversa “oltre mille Comuni, dai più piccoli ai più grandi. Credo che Trino, con un’ottima amministrazione giovane, vivace e indipendente possa un luogo ideale in cui programmare il futuro”. La Trino di Cavour è stata anche la ‘culla’ della tipografia: nella cittadina del vercellese la Commedia di Dante è diventata la ‘Divina’, grazie all’intuizione del tipografo de’ Ferrari. Alla figura di Dante è stato dedicato l’incontro a  Borgo Ramezzana     Dante Alighieri ovvero Durante di Alighiero degli Alighieri di Indro Montanelli  moderato dal   giornalista, critico d’arte, saggista e drammaturgo italiano Angelo Crespi.

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  1. «“… senza identità non ci può essere futuro”. Tra le sfide che Giorgia Meloni è chiamata ad affrontare c’è anche la riforma della giustizia. “Mi auguro che ce la faccia: non mi sembra che sia impaurita, ma non bastano la volontà di un premier o di una maggioranza, nè i voti in Parlamento. Quello della magistratura è un potere enorme e subdolo”.» E, soprattutto, è “un potere”, sotto tutti i punti di vista, incostituzionale. Non per niente, da quelle parti lì, la chiamano la più bella costituzione del mondo.
    C’è un solo modo, e uno soltanto, per approntare la riforma della magistratura. Che il governo in carica vuole assolutamente fare dato che fa parte del suo programma elettore. Purtroppo, però, giace in fondo al paniere delle cose impossibili, stando così le cose. Ma a volte i miracoli… Dimissione del Presidente bis della repubblica ed elezione al Quirinale dell’attuale ministro della giustizia Carlo Nordio. Stoppato nel suo intento dalla Meloni, a sua volta stoppata da Mattarella. Non in nome della Costituzione, ma nell’interesse di quella parte della magistratura che questa riforma non vuole. Per quel tanto che Palamara ha portato alla luce, e per tutto quell’altro ancora, certamente più succoso, ch’è rimasto coperto dal buio letale delle sottostanti connivenze. Pe sfamare il mostro deforme dall’impronunciabile nome (nel senso che è vietano parlarne) magistratocrazia.

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