Grazie a Trino la Commedia divenne “divina”

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Il sindaco Pane lavora per il recupero di monumenti e luoghi d’interesse culturale

Camillo Benso. È il futuro conte di Cavour, crebbe tra i campi che ancora oggi fanno la ricchezza di Trino, meraviglioso borgo in provincia di Vercelli. Il giovane Camillo, prima di diventare l’uomo che contribuì a fare dell’Italia un solo Stato sotto la corona della dinastia Savoia, nacque e visse nella tenuta di famiglia che poteva contare su ben 900 ettari di campagna, un mulino, una chiesa e chiaramente la residenza della famiglia e che oggi rappresenta un’attrazione, da recuperare, per rilanciare il turismo nel borgo di Leri Cavour, frazione del Comune vercellese.

Quella “grangia” – cioè una comunità agraria perfettamente organizzata – fu alle dipendenze della splendida abbazia di Lucedio, organizzata e ordinata dai monaci cistercensi. Un sistema preciso e funzionale, quello delle grange, che comprendeva diversi “borghi rurali”, sottoposto all’autorità dei marchesi del Monferrato, la cui storia si intreccia a quella delle Crociate e addirittura all’ultimo scampolo di luce dell’impero Bizantino con il matrimonio del giovane Ranieri, figlio di Guglielmo V, con Maria, figlia dell’imperatore Manuele Comneno.

La città, dunque, fu un piccolo crocevia che unì Oriente e Occidente. Ciò lo testimonia anche il fatto che a Trino si trovava una vivace comunità ebraica. La sinagoga, come da “regola” imposta ai ghetti nei secoli scorsi, praticamente invisibile dall’esterno fu dismessa solo a causa del calo demografico della città, all’unione con la comunità ebraica torinese nel primo ‘900 e dunque, del sostanziale inutilizzo della stessa che negli anni ’60 del ‘900 divenne una sala ricreativa per ragazzi. Ma molti dei suoi arredi furono trasferiti a Tel Aviv.

Fu anche un polo importantissimo della cultura italiana del Rinascimento. Infatti a Trino è nato e ha lavorato Gabriele Giolito de’ Ferrari che fu tra i più grandi tipografi italiani e diede alle stampe autentici capolavori. La storia della sua “Fenice”, la bottega che impiantò tra il Piemonte e Venezia, il più vasto mercato librario dell’epoca, s’intreccia a quella di Dante Alighieri di cui ricorre il 700esimo anniversario. Fu lui, infatti, il primo a pubblicare la Commedia col titolo boccaccesco di Divina. Da allora in poi, tutti la conoscono così.

La tradizione piemontese è anche mistero, leggenda, soprannaturale. E così è a Trino che si racconta una leggenda che ha fatto parlare di sé anche nelle televisioni nazionali. Si tratterebbe del presupposto spartito del diavolo, un brano musicale che servirebbe tanto ad evocare quanto a scacciare gli spiriti maligni. Tra i luoghi più suggestivi del borgo vercellese c’è il cimitero di Darola, abbandonato da decenni. Che ha richiamato a sé decine e decine di appassionati del mistero insieme al santuario (sconsacrato) di Santa Maria delle Vigne anche a causa delle leggende su presunti riti non approvati di certo dalla Chiesa che sarebbero stati compiuti in zona da monache e sacerdoti “deviati”. Un’eco antica delle tante eresie che qui fiorirono, o quantomeno attecchirono, e che faticosamente vennero represse dalla chiesa cattolica.

Un territorio importante, ricco di storia e di cultura, che sta lavorando sodo per far risplendere le vestigia del passato. L’amministrazione comunale, retta dal sindaco Daniele Pane, sta lavorando alacremente al recupero di monumenti e luoghi d’interesse culturale. L’obiettivo è quello di restituirli al pubblico dopo anni di incuria e di abbandono, come a Darola e a Leri Cavour. Trino punta forte sul passato per costruire più solido ancora il suo futuro.

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