Pochi conoscono la storia dei coniugi Mario, valorosi patrioti e garibaldini che nel risorgimento affiancarono figure come Garibaldi e Mazzini nell’impresa dell’Unità d’Italia, andando avanti inseguendo i loro ideali.
Brevemente la loro storia. Alberto Mario, politico e giornalista, nasce a Lendinara (Rovigo) nel 1825 da una nobile famiglia di origine ferrarese. Dopo gli studi nell’università patavina partecipa alle manifestazioni del 1848, combatte gli austriaci a Bassano del Grappa, Treviso e Vicenza e a Milano conosce Garibaldi e Mazzini. A Genova viene incarcerato alcuni mesi. Dopo il trasferimento a Londra, nel 1858, sposò Jessie White, giornalista corrispondente del London Daily News, tra le più importanti documentariste del Risorgimento e assertrice della causa italiana. Fu soprannominata Miss Uragano o la “Giovanna d’Arco della causa italiana” (da Giuseppe Mazzini). Infermiera in quattro campagne con Giuseppe Garibaldi; fece ricerche sulle condizioni di vita nei quartieri più poveri di Napoli e dei minatori delle solfare siciliane. Scrisse copiosamente sia come giornalista che come biografa. Insieme negli Stati Uniti portarono avanti la causa Risorgimentale. I Mario tornano in Italia, incarcerati prima e poi e si riparano a Lugano dove trovano Mazzini e Carlo Cattaneo; lì Alberto Mario assume la direzione dell’organo mazziniano Pensiero ed azione; si imbarcano per la Sicilia e raggiungono Garibaldi; successivamente in Calabria, Alberto, è incaricato a reprime le rivolte dei contadini fedeli ai Borboni. Nel 1862 scrive “La camicia rossa, memoriale sulla spedizione dei Mille” pubblicato in lingua inglese. Partecipa alla campagna del 1866 e l’anno successivo con Garibaldi a Monterotondo e a Mentana.
È stato un convinto federalista, teorizzava, infatti, la necessità di abbattere le “satrapie burocratiche” del centralismo italiano, allo scopo di realizzare una legislazione articolata, adatta a garantire l’autogoverno di istituzioni decentrate come regioni e comuni. Compiutasi l’Unità d’Italia, si dedicò a tempo pieno al giornalismo. Muore il 2 giugno 1883, un anno esatto dopo la morte di Garibaldi. Coincidenza particolare e misteriosa tanto che ogni anno alla Festa della Repubblica, a Lendinara, si fa omaggio ai coniugi Mario, recandosi al cimitero dove sono sepolti. Una tradizione culturale e sentita quella dei coniugi Mario che fecero grande il nostro Paese. «Lo abbiamo sepolto, al raggio velato del sole di giugno, lo abbiamo sepolto tra i fiori e il verde e i profumi della superba vegetazione del suo Polesine, presso la casa degli avi suoi, nel suo giardino. Ora non ho più ritrovi da dargli; ora non mi resta che raggiungerlo nel riposo senza fine.» (Giosuè Carducci, 5 giugno 1883)

Oggi nella cittadina Polesana è possibile trovare un Museo interamente dedicato ad Albero Mario e Jessie White, al risorgimento e alla storia dell’Atene del Polesine da quando sia ha memoria attraversando la storia e colpendo meticolosamente tutti gli avvenimenti che si susseguirono alla causa Italiana, all’avvento dell’eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi in Lendinara e l’affascinante storia delle nobili famiglie Lendinaresi quali i Marchiori e i Malmignati, tutto custodito come un tesoro nella “Cittadella della Cultura”, la biblioteca cittadina.
Ciò che ha reso grande queste figure, non solo quelle dei Mario o di Garibaldi o di Mazzini, ma di tutti coloro che hanno reso grande il Nostro Paese in tutte le arti è il Valore, quello vero, la tenacia di andare avanti e non farsi abbattere al primo ostacolo, non tradire i propri ideali per soldi o poltrone, anzi, custodirli, farli crescere e combattere per proteggerli a qualunque costo e, infine, contribuire al bene della comunità sempre nel rispetto del prossimo rammentando che “dove terminano i miei diritti e doveri cominciano quelli del mio vicino” e così via. Tutto con un’aggiunta di senso civico che deve accompagnare la quotidianità custodendo l’arte, la storia, la cultura, la tradizione e la fede. Questi sono i valori che devono avere i giovani d’oggi, con questi ogni ragazzo e ogni ragazza – l’uomo e la donna del domani – devono crescere altrimenti, senza tutto ciò, la nostra società è destinata all’estinzione, a collassare su sé stessa. Ricordando le parole di un importante deputato italiano, Giacomo Matteotti, “Uccidete me ma l’idea che è in me non la ucciderete mai!” anche i ragazzi di oggi devono essere in grado di farsi portavoce degli ideali a cui credono per far sì che questi non vengano perduti ma alimentati dalla fiamma della passione
Bravissimo Matteo