Diciamoci la verità: il monologo di Antonio Scurati sul 25 aprile, previsto per la puntata del 20 aprile di Che sarà, non avrebbe mai avuto interesse mediatico senza l’annullamento dell’ospitata dello scrittore nel programma di Raitre. Sarebbe risultato semplicemente l’urletto isterico del solito colto, capace di intessere un discorso dove univa la retorica storica alla polemica (altrettanto retorica). Sì, perché in tutta franchezza esistono modi anche meno banali per celebrare un anniversario importante e anche per attaccare il governo di centrodestra.
Una volta emerso che era stata cancellata la presenza di Scurati a Che sarà, lo scrittore avrebbe potuto approfittare della situazione per fare del sano vittimismo e risparmiarsi ogni tipo di replica. Invece ha tenuto a divulgare il testo del monologo, lasciando che venisse letto come un manifesto di libertà in diverse trasmissioni: In altre parole di Gramellini e Che sarà su Raitre in primis. E così ecco il boomerang, perché a quel punto tutti abbiamo scoperto cosa avrebbe voluto recitare Scurati.
Ecco come conclude il pietoso testo:
Il gruppo dirigente post fascista, vinte le elezioni nel 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neofascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo avere evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuata alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza. Ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime, la persecuzione degli ebrei, senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista. Ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana, fino al punto di non nominare mai la parola antifascismo in occasione del 25 aprile 2023. Mentre vi parlo siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare, palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola, antifascismo, non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.
Uno dei momenti più bassi della televisione degli ultimi anni, anzitutto per l’effetto comunicativo. Più che un discorso sul 25 aprile, infatti, le parole di Scurati sono un attacco gratuito a Giorgia Meloni, dipinta come una responsabile di un presunto fascismo ancora esistente. Traducendo, senza i giri di parole di Scurati, la Meloni viene così descritta a tutti gli effetti come una fascista. Davvero c’è chi ancora si domanda il motivo per il quale è stato negato di ospitare sotto compenso una persona fintanto offensiva? La Rai infatti (che giova ricordare è pur sempre il servizio pubblico televisivo) non può ammettere che si paghi un comizio politico in tv in piena campagna elettorale e quello di Scurati lo era a tutti gli effetti. Lungi da ogni malizia per cui il discorso possa essere stato scritto da qualche esponente del PD o del M5S, resta un monologo che sponsorizza senza meno tutta la sinistra a discapito di un governo che, nel frattempo, incassa anche questo colpo e che sembra onestamente ben poco fascista.
Farebbero bene a studiarlo davvero il fascismo, per capire cosa significasse la dittatura, questi fenomeni che parlano di censura in un periodo nel quale ci si può persino permettere di leggere un testo che di fatto cancella la par condicio. La verità è che il radical chic Scurati, odiando il denaro, voleva essere pagato per fare il suo comizio. Gli è stato negato e allora rilancia attaccando ulteriormente il governo accusato di abusare del suo straripante potere, per andare contro un privato cittadino, nonché scrittore connazionale, tradotto in tutto il mondo. Lo dice di se stesso, con grande umiltà, Scurati: gli manca il buon senso, ma non l’autostima.
Facciamo chiarezza una volta per tutte. C’è una regola ben precisa in casa Rai, che vale per destra e sinistra: si deve rispettare un codice etico, che è quello per il quale, piaccia oppure no, paghiamo un canone in merito al quale il servizio pubblico pone attenzione su ogni tema e parola che venga usata. Quello di Scurati era un uso privatistico della tv, che rimane inaccettabile, specie se pretende di essere pagato. Perché sia rispettato quel codice etico, non c’entra proprio nulla il colore politico. Del resto in questi giorni è stata cancellata anche l’ultima puntata di Forte e Chiara, con Chiara Francini, artista che ha attaccato la sinistra a più riprese e che si è resa colpevole, in primis, di un’intervista audace ed evitabile a Rocco Siffredi in prima serata.
Non si cerchino di confondere le acque: chiunque viaggi sul filo del rasoio in casa Rai rischia la cancellazione, perché rimarcare solo l’uscita di un personaggio di sinistra, con tanto di inutile vittimismo?
La sinistra cerca la guerra attraverso l’intellighenzia, lo si è capito da tempo ormai. Lo stesso comunicato contro l’eliminazione della par condicio è ridicolo: chi ha deciso che non stabilire più i tempi con un orologio durante la campagna elettorale debba favorire il governo e non tornare utile anche all’opposizione?
Dunque Scurati diventa vittima di se stesso, con un monologo che lo fa ricoprire di ridicolo e che regala una nuova (triste) pagina di storia televisiva. Non importa se bene o male, per alcuni conta solo che si parli di loro. Scurati in questo ci è riuscito, contento lui di diventare il paladino contro il governo, proprio nel giorno in cui i sondaggi danno il partito della Meloni sempre più in crescita nell’apprezzamento dei cittadini…