Pene più severe per gli imbrattatori che si fingono martiri

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Condannati (con attenuanti) per aver lordato il Senato e accolti da applausi fuori dal tribunale

Cantano vittoria i tre imbrattatori che il 2 gennaio 2023 hanno lordato la facciata del Senato della Repubblica con vernice arancione. La condanna pronunciata martedì dal tribunale di Roma a carico di Davide Nensi, Alessandro Sulis e Laura Paracini è tutto sommato mite e accoglie molte delle richieste simboliche della difesa. 8 i mesi di reclusione (che ovviamente non verranno scontati in carcere) e 60 mila euro di provvisionale a favore delle parti civili (Senato e Comune di Roma), che con tutta probabilità arriveranno dal “soccorso arcobaleno” che foraggia le attività delle ONG grazie ai soliti noti “filantropi”.

Scegliere un palazzo che risale al 1400 e non il Serpentone di Corviale è un elemento di dolo che va tenuto presente – aveva giustamente detto il pubblico ministero nel corso della requisitoria -. Un fatto commesso con violenza e che ha provocato danni considerevoli. Non ho trovato un elemento a discarico degli imputati per il danneggiamento e non ci sono gli estremi per le attenuanti generiche non essendoci alcun ravvedimento”. La pena chiesta dal PM era di un anno di reclusione e 190 mila euro di risarcimento. Va tenuto presente che il fatto è avvenuto prima della promulgazione dell’attuale norma, e quindi le pene ben maggiori che essa prevedrebbe non possono essere retroattivamente applicate.

Ma la sentenza di primo grado è stata molto più clemente. Tanto che “Repubblica” può sortire nel suo resoconto parlando di “piccola vittoria”. L’avvocato difensore, Cesare Antetomaso, durante il suo intervento, ha giustificato l’azione come “essenzialmente di natura ideologica”, sottolineando che il danneggiamento non era “permanente” e che la rimozione della vernice non sarebbe costata più di 1.400 euro. “Il giudice ha concesso sia le attenuanti generiche che le attenuanti per aver agito per particolari motivi di ordine morale e sociale”. Insomma, non si sarebbe trattato per i magistrati di un atto vandalico quello compiuto contro Palazzo Madama, ma di un gesto a difesa di valori riconosciuti dalla comunità e “che corrispondono a valutazioni morali condivise” riporta sempre “Repubblica”. In altre parole, una condanna che arriva quasi a malincuore verso tre giovani eroi di “valori condivisi”. Manca solo “stunning and brave” (slogan che pure abbiamo letto, in traduzione italiana, in certi articoli apologetici usciti a ridosso di questo e altri fattacci analoghi sui quotidiani di orientamento liberal).

In attesa dell’annunciato appello, che con tutta probabilità sarà ancora più favorevole verso i tre ambientalisti, non possiamo non notare il meccanismo di “Finestra di Overton” già visto e denunciato (vox clamans in deserto…) in cento altri casi, col quale lentamente si normalizza un comportamento deprecabile in attesa di poter rovesciare la bilancia etica della società. Non sfugga al lettore inoltre l’appello a quel recente “difesa dell’ambiente” inserito in Costituzione al culmine del periodo più fosco della storia repubblicana: il regime sanitario. Una di quelle modifiche concepite come grimaldello per poter proprio spalancare al momento giusto porte insospettabili. Come quella che condurrà overtonianamente i vandali “ecologici” a passare per martiri e per eroi. O magari a privarci dei diritti di proprietà o delle libertà di spostamento o di impresa nel nome di una non meglio specificabile “difesa dell’ambiente” (qualora non bastasse il vecchio “ce lo chiede l’Europa”).

Fuori dal tribunale gli imputati sono stati accolti con un applauso da una dozzina di attivisti con striscione. Al termine del processo uno degli imputati, Davide Nensi è stato autorizzato dal giudice a leggere un documento: “Siamo consapevoli delle conseguenze delle nostre azioni, sappiamo cosa rischiamo e siamo pronti ad accettarlo – Continueremo a fare quello che abbiamo fatto perché, molto più che affrontare un processo, ci spaventa il futuro del clima”. “Straordinari e coraggiosi”, dunque. Certo non affrontano la ghigliottina come un Orsini (che – pur macchiato dall’orrendo crimine commesso – giganteggiò per reale coraggio e vera nobiltà del suo movente: il patriottismo) e sanno d’avere le spalle ben protette.

E intanto l’assicella della Finestra di Overton è stata spostata un altro pezzetto verso la normalizzazione del vandalismo “climatico”. Oggi sono le opere d’arte, i palazzi delle istituzioni, i monumenti a essere “meno importanti” della paura che hanno questi ragazzetti mal consigliati per il “futuro del clima”. Domani, qualunque cosa essi (o meglio, i loro cattivi maestri) considereranno “pericolosa per il clima” potrà essere a rischio.

E sì, stiamo parlando delle vostre libertà, delle vostre proprietà, della vostra quotidianità.

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