Europa e Cultura: le proposte di Fabrizio Bertot e Maurizio Marrone

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In quest’epoca in cui i connotati culturali dell’Europa del mondo classico, giudaico e cristiano vacillano al confronto/scontro con l’Islam e vengono messi in dubbio da proposte civico/politiche che vogliono essere “alternative” e/o “progressiste”, giriamo a due candidati alle imminenti elezioni europee e amministrative quattro domande incentrate sull’argomento Cultura.

Abbiamo realizzato questa intervista doppia a Fabrizio Bertot  e a Maurizio Marronecandidati di Fratelli d’Italia rispettivamente per l’Europarlamento e la Regione Piemonte.

Fabrizio Bertot, politico, imprenditore, giornalista torinese, eurodeputato durante la crisi ucraina e osservatore incaricato durante il referendum dell’annessione della Crimea alla Russia, è autore, con Antonio Parisi, del libro “Ucraina. La guerra geopolitica tra Stati Uniti e Russia” (Historica, 2019, 277 pagine, 20 euro). Maurizio Marrone è consigliere comunale di Torino, capogruppo di Fratelli d’Italia e vicepresidente della IV commissione consiliare permanente Sanità e Servizi Sociali, ha ricoperto l’incarico di consigliere d’amministrazione dell’Istituto di Ricerche Economiche e Sociali per il Piemonte.

Caro Fabrizio, se venissi eletto eurodeputato, quale sarebbe il primo provvedimento da perorare in sede europea a livello culturale?

I parlamentari europei, a differenza di quelli nazionali, non hanno iniziativa legislativa e quindi possono lavorare solo sui dossier che arrivano direttamente dalla Commissione, ma certamente mi impegnerò su quei dossier come relatore, per merito o per parere. La linea di indirizzo è la difesa di tutto ciò che è italiano, non solo il made in Italy del mondo produttivo, ma anche il settore Cultura, inteso come difesa dell’identità italiana ed elemento di unione dei popoli europei. Non dimentichiamo che c’è sempre qualcosa di italiano in tutti gli stati d’Europa e sarà mio compito, non solo nell’attività legislativa ma anche nelle attività parallele di indirizzo politico, promuovere quell’espressione di italianità che attraversa e unisce di fatto tutti gli stati d’Europa.

E tu, caro Maurizio, dal punto di vista di chi amministrerà la Regione Piemonte, quale ritieni possa essere il primo provvedimento culturale da difendere?

Garantire il vero pluralismo culturale nella futura edizione del Salone del Libro, impedire censure e liste di proscrizione a case editrici “eventualmente” sgradite.

Orbàn ha “buttato fuori” da Budapest l’Università di George Soros, la Central European University. Tu cosa ne pensi?

FABRIZIO BERTOT: Ha fatto benissimo.

MAURIZIO MARRONE: Penso che abbia fatto benissimo. Sebastian Kurz (cancelliere federale dell’Austria, n.d.r.) è stato deludente, mi ha sorpreso quando ha offerto l’Austria come sede dell’Università. Le ONG di Soros sono strumenti di destabilizzazione degli Stati nazionali e pertanto vanno quantomeno monitorate.

Il politologo Bernard Lewis già negli anni ’90 disse: “L’Europa sarà monopolizzata dall’Islam. O sarà cristiana o non sarà”. Condividi questo timore?

BERTOT: Aggiungo la frase del grande Giorgio Almirante: “L’Europa o va a destra o non si fa”. E’ evidente che i popoli europei sono accomunati da quei valori cattolici rappresentati dalla famiglia, dalla difesa della vita e dal rispetto della donna, che sono irrevocabilmente valori non negoziabili. Vorrei che la UE li esaltasse anziché mortificarli, come invece purtroppo stanno facendo le “eurotruppen” di Bruxelles. Solo attraverso questi valori, che ci accomunano tutti, possiamo parlare di Europa unita e diffondere così un sentimento europeo.

MARRONE: Sì, bisogna porre attenzione a quelle moschee “travestite” da centri culturali e luoghi di culto e/o non normati. Ma il vero problema, più che l’espansionismo islamico, è l’arrendevolezza cristiana: dobbiamo rafforzare la nostra identità nell’istruzione e nei luoghi di formazione delle nuove generazioni, senza vergognarci dei presepi e dei crocefissi, che sono in realtà i nostri simboli identitari.

Nel mondo dell’arte esistono le Biennali nazionali/internazionali, come la Biennale di Venezia. Una proposta: e se perorassimo la causa di una Biennale Europea della Cultura? Che ne dici?

BERTOT: Ti dico che ci possiamo lavorare dal giorno dopo. Possiamo lavorare, insieme al mio staff, alla realizzazione di questo progetto e trovare i finanziamenti dalla UE. Non sarà difficoltoso, possiamo lavorarci assieme, con CulturaIdentità “pancia a terra” nel mio ufficio, che sarà il vostro ufficio e insieme lavorare a questo progetto. Lo possiamo fare anche il giorno dopo le elezioni, basta metterci al lavoro.

MARRONE: Sarebbe giustissimo. Bisogna far emergere tutte quelle realtà spontanee, vive, fresche, che attualmente non trovano spazio nel mercato dominato dal mainstream culturale.