Gli imbrattatori di statue, la stupidità che guida il popolo

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Una delle parole d’ordine del frasario dei sessantottini all’epoca della contestazione era: “chi sta parlando?” L’enigmatica domanda era rivolta all’interlocutore su ciò che andava proferendo, come a volergli far comprendere che ciò che affermava, in realtà, non fosse farina del suo sacco, ma provenisse da una cabina di regia di cui la sua bocca altro non era che un inconsapevole portavoce, l’ultima leva di un astruso e perverso meccanismo di potere.

Poi i sessantottini occuparono le università, fecero carriera in politica e nei giornali; divennero baroni universitari dopo aver dileggiato gli ultimi rimasugli di vera nobiltà, avvocati notai (come aveva ben profetato Ionesco) stimati primari architetti dopo aver sbeffeggiato la borghesia “benpensante”, realizzando cosi la loro rivoluzione che, come quella di cui parlava Longanesi, nata per strada (almeno le proteste lì si svolgevano) si concluse a tavola.

Ma anche se i sessantottini hanno smesso da un pezzo di chiederselo, in questo periodo di sconquassi e rivolgimenti, ci sarebbe da riproporre ai nostri contemporanei in luogo di esprimere avventate prese di posizione, lo stesso spinoso quesito: “chi sta parlando?” quali sono i “padroni del discorso”, gli influencer della pubblica opinione, oggi?

Già Weber si figurava la storia delle società umane come la storia dell’avvicendamento di élites, e assieme a lui la pensava così un Ligeti, uno Spengler e molti altri. Ed ecco il punto della questione: i “padroni del discorso” sono (e sempre lo saranno) i potenti del momento o chi potente lo sta diventando, in qualsiasi contesto sociale, in qualsiasi gruppo umano, e oggi pare proprio che i “padroni del vapore” giochino a farsi la rivoluzione in casa, armando di picconi e vernici la mano di utili idioti.

Un tempo – è vero –  a Roma, a “parlare” erano proprio le statue, ma questi imbrattatori d’arte sembrano tutto fuorché novelli e veraci Pasquini in lotta contro un potere oppressivo…e poi le loro trovate non fanno nemmeno ridere, se non involontariamente!

Peraltro, per via di una applicazione inversa del ben noto assioma per cui: “Il re è morto viva il re”, oggi si preferisce mettere in discussione i morti piuttosto che i vivi.  Si sta infatti, mutatis mutandis, assistendo alla prima rivoluzione contro i morti (ormai impotenti) e non contro i vivi (quelli sì realmente potenti): praticamente è la rivoluzione degli sciacalli e dei saprofiti…

E non è tanto una logica da damnatio memoriae a sottendere le nefandezze di questi servi sciocchi, quanto assenza di memoria, dato che il sistema ci vuole tutti atomi senza storia e senza identità, salvo quella digitale…

Certo, una élite, che lo si voglia o no, in questo che forse “non è il migliore dei mondi possibili”, come voleva Voltaire – anch’egli evidentemente poco stimato dai novelli rivoluzionari, dato che hanno imbrattato anche una sua statua a Parigi – quasi ontologicamente, ci sarà sempre. Ci sarà sempre chi guiderà il popolo: una volta però – lo dipinse Delacroix – lo si faceva in nome della Libertà, oggi invece qualcuno dovrebbe forse dedicare un quadro alla Stupidità. Che dico?! Negli ultimi decenni gliene sono stati dedicati già così tanti…Ci sarà sempre, inoltre, chi eserciterà il controllo “nomofilattico” sui suoi sottoposti, come in una fazenda Argentina il bovaro seleziona i suoi capi di bestiame. E persone informate sui fatti…della vita, non dovrebbero più stupirsene.

Ma non ci si può certo esimere dal condannare e, se si può, contrattaccare questi vandali homemade, figli di una madre (quella degli scemi) sempre incinta, per cui “gemelli diversi” (la stoltezza è bipartisan, sia che indossi un turbante sia che tu sia un comunistello che gioca a fare l’imbianchino) di quei Taliban che fecero, agli inizi di questo scellerato secolo, saltare in aria millenni di storia e cultura assieme alle statue dei Buddha di Bamiyan.

Il problema con questi avanzi di centro a-sociale, non è nemmeno il nichilismo. Loro non sono mica nichilisti come gli iconoclasti russi dei romanzi di Dostoevskij e di Tolstoj. Questi pappamolla ignorano il discorso sul “senso delle cose”, non combattono per trovare e per dare un senso alla storia, non vogliono nemmeno distruggere tutto con l’atomica (per intenderci, non vogliono il “nulla eterno” bramato dal Foscolo, sono solo i promotori dell’eterno “nulla” cui pare tendere questa società inessenziale), né “uccidere il chiaro di luna” come i futuristi e lanciar sfide alle stelle. E io credo di essermi fatta una opinione su di loro: non potendone meritare una  (per ben ovvi motivi propri, intellettivi se non cognitivi, e “culturali”- sociali, dato che le statue – quelle platonicamente belle –  che sono sempre state indici di civiltà, loro e i loro padroni le odiano e vorrebbero sostituirle con statue brutte), si dedicano ad abbattere le statue altrui, un po’ come quei figli di buona che piantati in asso da una donna (nel loro caso abbandonati dal buon gusto prima che da madonna intelligenza) ne sfregiano i connotati perché essa non sia più di nessuno.

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