La pietas di Berlusconi una lezione di democrazia

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Tra i tanti ricordi personali che si affollano in queste ore ce n’è uno lontanissimo, ma significativo: 23 agosto 1988, Milano2, Jolly Hotel, primo incontro con l’editore per il nascente tg sperimentale della Fininvest, Dentro la notizia. Io vengo da Roma, nessuno mi parla, tutti si accalcano vicino all’entrata della sala. Berlusconi era già una star, aveva già fondato tre reti televisive con cui sfidava la Rai, aveva già portato al successo il Milan con il primo scudetto della sua era, aveva già costruito Milano2 e stava ultimando Milano3, aveva appena comprato la Standa. A sorpresa il Cav entrò invece da dietro e io in bella solitudine fui il primo a stringergli la mano. Mi guardava molto la faccia, forse fu per quell’imprinting che per anni divenni uno degli anchorman di riferimento della sua azienda. Per la mia generazione Berlusconi fu il simbolo delle cose che potevano accadere senza avere una famiglia importante o un partito alle spalle. Fu il simbolo di un futuro da guardare con l’ottimismo di chi aveva osato e potuto tutto. Quell’uomo, qualche anno dopo, nel 1994, vinse le elezioni con un partito fondato in quattro mesi. Il suo successo era quello di chi trasferiva al Paese, non solo a noi trentenni che costruivamo la tv commerciale, la fiducia di un tempo migliore, di un avvenire da poter prendere nelle proprie mani. Come sempre il viaggio dei sogni sulla terra è contorto. Già alla fine del ‘94 lo scontro con una parte della magistratura diventa l’inizio di una battaglia tra la politica e i giudici che ancora oggi non ha trovato una soluzione e che ha travolto in meno di 30 anni tante persone. Il suggestivo manifesto liberale degli inizi è rimasto un’idea platonica, nonostante il Cav abbia vinto di nuovo le elezioni nel 2001 e nel 2008. Lo scandalo del Bunga bunga, la strategia dello spread, la non limpida ascesa di Monti, la condanna nel processo Mediatrade, i servizi sociali con l’immagine indimenticabile dell’anziano imboccato con il cucchiaio. E poi l’ascesa prima di Salvini e ora quella irresistibile di Giorgia Meloni. E poi quell’ultimo video, malinconico, dal San Raffaele, dove la fragilità del corpo viene mostrata con coraggio in primis per tenere unito il partito nella sua posizione filogovernativa. Era un video dove l’addio faceva capolino un po’ ovunque. Un addio che speravamo fosse il più lontano possibile, invece la morte ha bussato la mattina di un lunedì, all’improvviso, dopo un weekend definito tranquillo. Ci sarà tempo per le varie eredità, Forza Italia, tv, danaro, ci sarà tempo per il bilancio storico che sarà comunque quello di un uomo che ha rivoluzionato il linguaggio del nostro tempo. Ora è il momento del dolore, della pietas che avvolge sempre il mistero della fine. E speriamo che sia anche l’ora, nonostante Berlusconi sia stato sempre divisivo, di una concordia politica che abbia lo stile di una grande democrazia.

1 commento

  1. Bravo Brachino,ottime considerazioni…prenda ora in mano lei Forza Italia e porti avanti i ‘desiderata’ del Silvio,soprattutto portare a compimento le promesse che LUI aveva prospettato ed a cui ‘me cuggginu Pepè’ ci ‘tiene’ ancora,e spera di poterseli vedere ogni inizio del mese:i 1000 eu della sua pensione minima promessi dal suo Presidente.
    NB:Per un suo ‘ricordo’,per ora,basterebbe che finalmente sto prossimo mese arrivassero i già da tanto promessi 600 eu,con arretrati,certo.

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