“Per non morire al verde”. Il manuale anti-fregatura green di Fabio Dragoni

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Lo sapevate che in Islanda stanno installando apparecchi in grado di risucchiare dall’atmosfera 4.000 tonnellate l’anno di CO2? Meraviglioso, vero? Ora, analizzate questo dato alla luce di un altro elemento: nel tempo che voi avete impiegato per leggere titolo e testo di questo articolo fino QUA, l’intera umanità, semplicemente respirando, ha emesse 4.700 tonnellate di CO2. Aggiungete quest’altro dato: quell’impianto industriale islandese, esteticamente brutto come una finta donazione ai bambini oncologici, con un impatto ambientale e paesaggistico pesante, costa la bazzecola di 10-15 milioni di euro. Quello che voi guadagnereste in 30-35 reincarnazioni, straordinari inclusi.

Ecco in dieci righe la truffa del green. Questo, assieme a decine di altri esempi e analisi è il cuore del nuovo libro del vicedirettore di CulturaIdentità Fabio Dragoni, “Per non morire al verde” (Il timone, pp. 248, € 16,00), spietata inchiesta sull’ideologia mefitica che sta portando l’occidente verso il baratro economico e sociale.

I nuovi dogmi di questa religione – che per tenersi in piedi necessita di una sua Inquisizione e della continua richiesta di leggi contro i suoi “negazionisti” – impongono un continuo penitenziagite alla gente comune: signori, siete voi che inquinate emettendo CO2. Già questa scemità da sola basterebbe a minare tutto l’impianto: la CO2 non è un “inquinante” ma un semplice componente ordinario dell’atmosfera, per di più essenziale per la crescita delle piante. Secondo i sacerdoti di questa setta intollerante, il biossido di carbonio, pari allo 0,04% dell’intera massa atmosferica, sarebbe in grado di imporre mutazioni climatiche apocalittiche, tali da “minacciare l’esistenza del pianeta”. Come se questo “pianeta” non avesse attraversato del tutto indenne epoche con percentuale di CO2 atmosferica estremamente più alte quando l’uomo ancora non ne calpestava il suolo. Come se per le leggere oscillazioni climatiche attuali (ribadiamo: leggere. Chi crede che il “pianeta” sia in “pericolo” non ha la minima idea di cosa significhi un’oscillazione climatica epocale, di quelle che ti ricoprono di ghiaccio un mezzo emisfero o ti desertificano un continente, come quelle che ciclicamente avvengono da miliardi di anni senza alcun intervento umano) l’homo sapiens rischiasse qualcosa di più che dover pulire meglio i tombini oppure scavare invasi per l’acqua piovana più efficienti.

Fabio Dragoni mette il bisturi nella piaga dell’ambientalismo radicale, sbufalando tutte le affermazioni di questa nuova setta perniciosa. L’allarmismo che spinge orde di imbecilli a fermare il traffico stradale, con conseguenze gravi, fra cui in almeno un caso anche un morto, in Germania, perché l’ambulanza che lo trasportava è stata bloccata. L’allarmismo che spinge gruppi di irresponsabili a lordare monumenti e opere d’arte, fornendo così anche un’assist ai sacerdoti della cancel culture (del resto, chi sostiene l’auto-genocidio culturale dell’occidente ha dietro gli stessi finanziatori filantropici a staccar assegni di chi sostiene la fòla dell’“ultima generazione”). L’allarmismo di chi afferma che far figli sia “un crimine ambientale”, mentre intere nazioni occidentali sono sull’orlo dell’estinzione (questa sì, vera) a causa della denatalità e della sostituzione etnica.

Queste pazzie, estratte dal contesto mediatico che le fa apparire quasi ragionevoli, come l’attrice che “piange” a beneficio di telecamere perché ha “l’ecoansia” o la ballerina che si strappa (da copione, con finta sorpresa del conduttore) il microfono in trasmissione per interrompere l’interlocutore che sta per demolire a suon di documenti la narrazione ambientalara, assumono tutta un’altra dimensione quando Dragoni le mette in fila, assieme ai dati scientifici, macroeconomici ed ecologici che le contraddicono per tabulas.

Per esempio quando dimostra carte alla mano che il mondo non sta affatto “bruciando”, che gli incendi non sono in aumento e che anzi la coltre di foreste è in continua crescita da anni. E dunque, perché noi dovremmo cambiare il nostro stile di vita, quando invece il mondo sembra avviato a una piccola oscillazione climatica alla quale potremmo far fronte semplicemente comprando più t-shirt e meno sciarpe, pulendo le scoline e i canali di drenaggio, piantumando i terreni a rischio idrogeologico e adeguando le coltivazioni, come del resto facciamo da quando abbiamo inventato l’agricoltura? E invece niente: ci hanno detto che nulla salus extra decarbonizatio. Dobbiamo rinunciare allo scaldabagno a gas, dobbiamo tassare le nostre case perché non abbastanza coibentate, pure se si trovano in Sicilia (dove notoriamente manco ci sono gli impianti di riscaldamento, perfettamente inutili in quel clima benedetto dall’Onnipotente), dobbiamo rottamare una Panda a metano con 100.000 km perfettamente efficiente e con una vita operativa stimata ancora di altri 200.000 km per sostituirla (chi potrà permettersela) con un’auto elettrica il cui costo è dalle cinque alle dieci volte maggiore. Il tutto per qualcosa che non cambierà di una virgola il destino climatico del “pianeta”, nelle mani di potenze del tutto al di fuori della nostra portata. Il tutto sostenuto da chi gira col jet privato che inquina (inquina vero, no “emette CO2”) ai danni del poveraccio in Panda.

a – come diceva un arguto profilo twitter in tempo di regime covid“se non serve, serve a qualcos’altro”.

E infatti dall’attacco alla casa a quello agli spostamenti (la famigerata “città di quindici minuti”, un lager con le telecamere al posto dei fili spinati che sindaci d’ogni colore politico stanno costruendo grazie alla pioggia di finanziamenti europei) l’obbiettivo reale è quello di privare i cittadini della loro proprietà, delle loro libertà fondamentali, renderli dipendenti e sostanzialmente minorenni, bisognosi in ogni momento del “permesso” superiore per fare qualcosa.

Gombloddoh? Andate a controllare i vostri conti correnti: in molti di essi troverete anche il “bilancio del carbonio”, la CO2 che avete “prodotto” con le vostre spese secondo i loro calcoli. Già esistono banche che inseriscono un plafond di spesa per le loro carte di credito se si supera una certa “produzione” di CO2, a prescindere dalla disponibilità nel conto. Ovviamente per ora la cosa è solo volontaria e orientata a quella parte di clientela la cui intelligenza è al livello “io pratico la vasectomia o l’ovarioisterectomia per salvare il pianeta dalla sovrappopolazione”. Ma i tre anni di regime covid ci hanno insegnato che le cose più assurde possono diventare obbligatorie nel giro di un DPCM. Del resto, il salvacondotto vaccinale imposto attraverso la bugia del “non ti vaccini, ti ammali, muori e fai morire” non si chiamava green pass”?

Meditate, gente, meditate: “Per non morire al verde” vi servirà proprio ad aprire gli occhi sulla fregatura prossima ventura.

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