Quei vent’anni di Carosello alla Rai che trasformarono l’Italia

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Alla scrittura lavoravano da Luciano Emmer a Pasolini da Olmi a Pontecorvo

Carosello, una parola per molti sconosciuta o comunque priva di significato, ma parte dell’immaginario collettivo di quegli italiani che hanno vissuto il periodo compreso tra il 1957 e il 1977, quando venne “prepensionato” ancora all’apice del successo con l’avvento della Tv a colori, la fine del monopolio Rai e l’entrata in scena delle Tv commerciali. I vent’anni di Carosello accompagnarono la grande trasformazione dell’Italia contadina in una moderna società industriale e urbana, basata sulla progressiva diffusione dei consumi di massa, in gran parte prodotti secondo il modello fordista: nel 1958, primo anno del “miracolo economico”, gli addetti all’industria sorpassarono per la prima volta i lavoratori in agricoltura; mentre proprio nella seconda metà degli anni ’70 presero avvio il declino del lavoro nella grande industria, simboleggiato dalla marcia dei quarantamila nell’autunno 1980 a Torino. In quei vent’anni, Carosello rimase il programma più seguito dal pubblico televisivo italiano, presentandosi puntuale attorno alle nove di sera, dopo il telegiornale delle 20.30, per circa 12 minuti suddivisi in 4-5 spazi pubblicitari.

Ma com’è possibile che il programma più amato dagli italiani fosse la pubblicità? Lo si può capire facilmente prendendo ad esempio una qualsiasi delle réclame più famose: Calimero, il pulcino nero che pubblicizzava un detersivo, poteva riferirsi al prodotto solo per pochi secondi all’interno di uno spettacolino di due minuti, trasmesso solo una volta in una settimana, che la settimana seguente doveva essere per contratto realizzato con una storia diversa. Dunque, ogni réclame era un pezzo unico che costava molto al committente (per cui solo le grandi aziende vi potevano accedere, tanto che furono solo poche centinaia nei vent’anni di vita di Carosello) e stimolava a produrre mini-spettacoli in serie, così da determinare uno straordinario successo di attori e personaggi. Tanto che proprio attraverso Carosello sono passate personalità del calibro di Vittorio Gassman (che declamava poesie d’amore per i Baci Perugina), Dario Fo (per Recoaro, Agip e Barilla), Mina, De Filippo, Totò, Mike Bongiorno, oltre a personaggi di fantasia divenuti popolari come Calimero, Jo Condor o l’omino Bialetti. All’ideazione e alla scrittura di questi mini-spettacoli c’erano poi figure quali Luciano Emmer (considerato il vero e proprio creatore del Carosello), Gillo Pontecorvo, Ermanno Olmi e Pier Paolo Pasolini.

L’efficacia nell’intrattenere però, se spiega l’immensa popolarità di Carosello non esaurisce il suo ruolo nell’evoluzione dei consumi e dei costumi. Carosello divertiva, ma al contempo insegnava a diventare consumatori di massa di beni di marca, i brand. Gli italiani, fino ad allora abituati a risparmiare, ad arrangiarsi con poco e a comprare prodotti alimentari sfusi e anonimi, furono indotti a cercare prodotti confezionati, di marca, scelti sugli scaffali dei supermercati. Una modernità però presentata come compatibile con la tradizione, perciò rassicurante e per nulla trasgressiva. A metà degli anni Cinquanta il tenore medio di vita era molto basso: nel 1951 solo il 7% delle abitazioni possiede la combinazione di elettricità, acqua potabile e servizi igienici.

L’Italia del dopoguerra continua a essere un Paese rurale, segnato dal problema dell’analfabetismo. In questo contesto Carosello si pone come qualcosa di più di un semplice strumento pubblicitario, diventando piuttosto uno strumento di marketing emozionale che propone modelli di comportamento su cui costruire la propria identità di consumatore, ispirati alla vita borghese urbana. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta una crescita economica impetuosa fa dell’Italia una delle nazioni più industrializzate del mondo occidentale. Una crescita che interessa tutti i settori ed è stimolata sia dalle esportazioni che dalla domanda interna, che va però incentivata. Gli effetti del boom economico sono quelli di una vera e propria rivoluzione: in pochi anni le case si riempiono di televisori, frigoriferi e lavatrici; le strade si affollano di scooter e automobili, mentre i consumi alimentari sono alle stelle. Una modernizzazione che fa divenire i cibi tradizionali improvvisamente fuori moda, rimpiazzando i prodotti da forno artigianali con cracker e biscotti industriali. Le abitudini di consumo fino ad allora caratterizzate dal rapporto di fiducia con il piccolo negoziante, vengono stravolte: gli italiani di ritrovano nell’anonima solitudine del supermercato e devono quindi affidarsi alla reputazione della marca quale garanzia di tutela della qualità e della salubrità dei prodotti. Ma il 1° gennaio 1977, nonostante un’audience sempre elevata, i vertici della Rai pongono fine alla ventennale esperienza di Carosello. Una decisione determinata da numerosi fattori. Tra questi, il fatto che l’accesso a Carosello, divenuto estremamente costoso, limitava il numero di imprese che avevano la possibilità di accedervi. Inoltre, il format, troppo italiano, mal si adattava a un mercato sempre più internazionalizzato, più globale e meno identitario.

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