L’ammiraglio Doria nella famosa battaglia di Lepanto

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(Venice) Allegoria della balaglia di Lepandao - Gallerie Accademia

Il 7 ottobre 1571 la flotta cristiana sbaragliava quella ottomana nelle acque di Lepanto. Questa grande vittoria ha avuto fra i suoi protagonisti il genovese Gianandrea Doria, raccontato da CulturaIdentità sul numero di giugno-luglio 2023

La figura del nobile ammiraglio genovese Gianandrea Doria (1539-1606), tra gli altri titoli Principe di Melfi, Marchese di Torriglia e Conte di Loano, è stata a lungo trascurata a causa della sua presunta cattiva conduzione della flotta genovese durante l’epocale battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571, e della fama del suo ben più noto prozio Andrea Doria. In questo articolo cercheremo di dare al lettore una lettura più equilibrata dell’operato civile e militare di Gianandrea Doria, nel contesto della società genovese e i rapporti internazionali della Repubblica di Genova del ‘600 e nelle battaglie sul mare.

Gianandrea Doria nacque a Genova nel 1539 (o 1540) e, come quasi tutti i genovesi, fu in età matura un oculato amministratore delle sue sostanze, ma in gioventù lui stesso confessò nelle sue memorie una certa passione per il gioco d’azzardo, perdendo cifre consistenti – e il suo motto personale “Omnia fortunae committo”, è assai rivelatore.

Ma la fortuna voltò le spalle al giovane nobile nelle sue prime azioni navali al largo della Corsica e della Tunisia (la disfatta di Djerba nel 1560 contro la flotta ottomana), che si risolsero con dei cocenti fiaschi.

Tuttavia, come scrive Rodolfo Savelli nel Dizionario Biografico degli Italiani, “questi primi anni di apprendistato non furono tutti negativi, poiché il Doria seppe rendersi utile sia nella guerra di Corsica, sia in quella di Siena, sia ancora in quella che gli Spagnoli condussero da Napoli contro Paolo IV sotto il comando del duca d’Alba. Con le sue galere il Doria contribuiva fattivamente al trasporto dei Tercio sui diversi fronti del conflitto che vedeva protagonista la Spagna”.

A proposito dei rapporti tra Genova e la Spagna, Gianandrea Doria fu anche attivo diplomaticamente sia nella sua città natale e nei suoi equilibri tra la vecchia nobiltà e i Doria, che all’estero, come nella sua missione a Bruxelles, latore di missive alla corona spagnola.

Fu in questo periodo che il grande ammiraglio Andrea Doria nominò nel suo testamento Gianandrea destinandogli “le sue galere, il ducato di Tursi, la carica di protonotario del Regno di Napoli, mentre al fratello, Pagano, destinava i feudi appenninici e quello di Loano, una volta appartenenti ai Fieschi”.

Gianandrea impiegò quindi le sue galee al servizio della Spagna tramite l’istituto dell’“Asiento”, ossia l’accordo di collaborazione retribuita – spesso con notorie difficoltà nell’ottenere le cifre stipulate – tra la corona spagnola e i privati, combattendo contro i pirati barbareschi o le navi ottomane, ottenendo finalmente encomi e elogi da nobili e comandanti spagnoli.

Dal 1565 operò quindi contro i rivoltosi corsi e a supporto della spedizione di soccorso verso l’isola di Malta, difesa dai Cavalieri di Jean de la Valette contro le assedianti forze terrestre e navali turche.

Sposatosi con la nobile melfitana Zenobia del Carretto, nel 1569 ebbe da lei la figlia Vittoria, e nel 1570 Andrea, suo successore.

Proprio nel 1570 la Francia manteneva una posizione ambigua, stipulando trattati diplomatici e collaborando con l’Impero Turco, in teoria acerrimo nemico di tutte le nazioni cristiane, compresa ovviamente la Francia. Ma, allora come oggi, spesso la “realpolitik” conta più che i Valori, specie geopoliticamente!

Finalmente, dopo un intenso lavoro diplomatico, nell’estate 1570 iniziavano i preparativi per la spedizione navale, con numeri sempre più imponenti: più di 200 galee e galeazze spagnole, veneziane, toscane e genovesi e di altri alleati con 1.800 cannoni, 40.000 soldati e marinai e 43.000 rematori. Gianandrea Doria vi parteciperà con undici galere di sua proprietà, più dodici di altri genovesi.

Allegoria della battaglia di Lepanto, di Paolo Veronese (1572-3) Pubblico dominio

Questa armata navale si scontrò verso mezzogiorno di domenica 7 ottobre 1571 nelle acque di Lepanto in Grecia contro le 344 galee, galeotte e fuste con 750 cannoni dell’ammiraglio ottomano Alì Pascià.

Come noto l’accanita battaglia navale si concluse con la dura sconfitta degli ottomani, che persero più di 30.000 combattenti e marinai e quasi 200 navi catturate e affondate, oltre a 15.000 rematori schiavi liberati. Dura sconfitta, abbiamo scritto, ma non risolutiva come la “propaganda” dei vincitori dell’epoca (e loro successori) pretese, visto che la Sublime Porta continuò la sua espansione militare ancora per due secoli… e oltre, come le attuali mire turche dell’ennesima volta eletto Recep Tayyip Erdoğan verso il Nord Africa, il Mar Nero e il Mediterraneo orientale ci ricordano.

Dopo la battaglia, specie da parte veneziana – tradizionali rivali di Genova e le cui galere erano state a loro volta accusate di scarsa efficienza prima della battaglia –, iniziarono a circolare degli scritti accusatori contro la condotta tattica delle navi di Gianandrea Doria, ritenuta troppo prudente, per timore di perdere le proprie galee o addirittura sobillato da Filippo II.

Ad ogni modo ben difficilmente queste accuse furono credute dai contemporanei, dato che negli anni successivi Gianandrea ebbe numerosi incarichi di prestigio militari e politici, assegnatigli da diversi Re spagnoli, che Gianandrea Doria svolse sino alla sua morte, avvenuta il 2 febbraio 1606 a Genova, mentre il luogo della sua sepoltura sarà nella Cattedrale di Palermo, dove riposa tuttora.

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