Meloni in Tunisia, così il “Piano Mattei” ci salverà

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Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni vola in Tunisia per trovare un accordo sulla gestione dei flussi dei clandestini e per ribadire il sostegno dell’Italia al Paese nordafricano nei negoziati con il Fondo Monetario Internazionale (sbloccare alcune rate dei quasi 2 miliardi di dollari messi sul tavolo dall’FMI).

Tutto questo, all’indomani della conversazione telefonica con il Presidente tunisino Kais Saied (a capo dell’unico Paese uscito dalla “primavere arabe” con un assetto democratico, sia pure traballante) sulle relazione bilaterali nel settore energia e sui necessari investimenti a riguardo, con l’obiettivo dichiarato di risollevare l’economia tunisina alla luce dell’impegno assunto dal Governo italiano nell’ottica del cosiddetto Piano Mattei, un impegno ribadito dell’esecutivo nei consessi internazionali: “Oggi la Tunisia è in difficoltà – dice il Presidente del Consiglio -. Vive una situazione molto delicata perché rischia un default finanziario e chiaramente se va giù il governo tunisino vivremo uno scenario assolutamente preoccupante” (fonte ANSA).

Il dossier Tunisia (dopo Algeria e Libia) è dunque legato al Piano Mattei, che sarà presentato a ottobre e questa visita lampo ha lo scopo di continuare a tessere tele diplomatiche su questo progetto che ha una storia e delle ricadute economiche molto importante per l’Italia: un Piano “per tornare grandi nel Mediterraneo”, come titolammo su CulturaIdentità quando nel suo discorso programmatico per la fiducia al Governo alla Camera dei Deputati il Presidente del Consiglio volle citare Enrico Mattei.

Il nostro Paese è il fronte sud della NATO ed è importante che l’Italia si faccia promotrice di un Piano Mattei per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub sahariana: tutto questo, facendo recuperare all’Italia il suo proprio ruolo strategico nel Mediterraneo, che ha sempre avuto almeno fino alle famose “primavere arabe” e all’eliminazione fisica di Gheddafi (ma questa è un’altra storia).

Il progetto italiano riprende la visione di un grande italiano, Enrico Mattei appunto, che voleva sviluppare il potenziale africano invitando i paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente a ribellarsi alla povertà e a quello che potremmo definire l’aiuto non richiesto per farsi spiegare come sfruttare il loro potenziale di crescita economica. Messi alle strette dalle sanzioni energetiche alla Russia, siamo (come gli altri) alla ricerca di canali di approvvigionamento alternativi a quelli che fino a ieri ci forniva l’Orso bianco. Adesso Eni diversifica le importazioni, in Algeria, Congo e Nigeria, trattando anche con Gerusalemme per il gasdotto Eastmed che da Israele dovrebbe arrivare in Puglia passando per Cipro e Grecia: ebbene, possiamo dire che il padre dell’ENI ci aveva giusto e il Piano Mattei ripreso dal Presidente del Consiglio è il metodo per avviare una crescita per l’Africa con effetti economici importanti anche per l’Italia (leggi: stabilizzazione dei flussi migratori ed energetici).

LEGGI ANCHE: Quel “Piano Mattei” per tornare grandi nel Mediterraneo

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1 commento

  1. una precisazione. il gasdotto East Med che da Israele arriva in Puglia esiste solo nella fantasia dell’autore….

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