Il Ministro Sangiuliano taglia e la casta del Cinema protesta

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C’è chi sta con le caste e chi prova a tagliare e razionalizzare i costi. Potremo sintetizzare così quanto accaduto a seguito della volontà espressa dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano di porre un limite al fiume di denaro che confluisce, oltre 840 milioni di euro nel 2022, a titolo di contributo nel cinema italiano. Dagli iniziali 420 milioni nel 2019, tramite la Tax Credit, che altro non è un modello con cui trasformare il pagamento di tasse in contributi, la cifra è via via salita, fino al punto che un ministro, dotato di buon senso, si è chiesto se era ancora giusto finanziare con quel denaro film che hanno garantito una presenza in sala inferiore ad amici e parenti (anche casi con 29 biglietti complessivamente venduti).

Un taglio di 100 milioni di euro, questa la proposta iniziale, pari a poco più del 10% di quanto erogato, ha scatenato le ire dei paladini della cultura che, per altro, fomentavano la piazza accusando il governo di non spendere abbastanza in sanità, istruzione e quanto altro ancora di più falso e fantasioso era possibile immaginare, pur di dar fuoco alle polveri contro una finanziaria che paga gli sprechi delle sciagurate scelte condivise da 5 Stelle e Partito Democratico, dimenticando che tagliando uno spreco, magari ridimensionando le velleità di cineasti milionari, si possono erogare prestazioni di servizi sanitari di migliore qualità e dare un bel taglio alle liste di attesa di italiani meno fortunati. E’ stata la mano di Dio del cinema italiano a cercar di crocifiggere per primo Sangiuliano con l’accusa di creare disoccupati, ignorando che uno dei primi atti del ministero sia stato l’avvio di un concorso che porterà, man mano,  a nuove assunzioni per oltre 1.000 posti di lavoro, molti dei quali per giovani proprio nel settore della cultura.

Come non condividere l’opinione che una qualche riforma del sistema sia necessaria quando film come A casa tutti bene, idi Gabriele Muccino a fronte di 6,3 milioni di euro di sovvenzioni con il credito d’imposta, ne ha viste finire nelle tasche dell’autore dell’opera oltre la metà? “Dite qualcosa di sinistra”, affermava Nanni Moretti, ma a fronte delle proteste del presidente dell’Associazione nazionale delle industrie cinematografiche e audiovisive Walter Veltroni, verrebbe da dire che le cose dette e fatte sono solo sinistre. Così come lo era la piattaforma cinematografica It’sArt, la Netflix dell’arte italiana, voluta dal ministro Franceschini, che doveva diventare lo strumento utile per la promozione della cultura italiana all’estero, ma invece era diventata in solo due anni una società capace di creare un buco di 7 milioni e mezzo di euro. Che sarebbe successo a Sangiuliano se appena arrivato in via del Collegio Romano, invece di chiuderla, l’avesse aperta al posto del suo predecessore?

Intervenuto questa mattina all’evento Italia Vincente ha dichiarato di essere stato al Louvre presentandosi con un dossier chiedendo alla direttrice la restituzione di 7 vasi trafugati ad Ostia. Sono beni rubati negli anni ’40 ’50, ’70, avendo ricevuto per risposta dalla direttrice anche alla presenza di Le Monde, «che nessun ministro italiano finora aveva avuto il coraggio di rivendicare i propri beni e ha ammesso che effettivamente si tratta di opere trafugate dalla mafia». Del resto, lo diceva il Manzoni, il coraggio, uno, se non lo ha, mica se lo può dare. Allora avanti con coraggio, continui a fare miracoli ministro Santogiuliano.

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2 Commenti

  1. Al posto del Ministro, vista la scarsa produzione di film italiani di appena sufficiente valore, taglierei quei fondi a scalare, subito il 50% per il 2024 e poi un ulteriore 15% per gli anni successivi. I fondi recuperati debbono essere versati nella Sanità. I film li finanzino i produttori con i loro denari, non a spese degli italiani

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