Moro: un frate e un generale potevano liberarlo…

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AP Photo. fotografia scattata in Italia-pubblico dominio

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Il 9 maggio 1978 di 44 anni fa il corpo del Presidente della DC Aldo Moro venne rinvenuto nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani, geograficamente a metà strada fra via delle Botteghe Oscure sede del PCI e Piazza del Gesù sede della DC. Una foto iconica quanto la Renault 4 rossa, che compare sulla copertina di un libro recente scritto da uno che sa, il cosiddetto “Airone 1”, alias Antonio Cornacchia, del Nucleo Investigativo Carabinieri: fu lui ad aprire per primo il bagagliaio della Renault 4 in via Caetani, trovando il corpo di Aldo Moro.

Il sequestro Moro è uno dei cosiddetti “misteri” italiani, su cui molto si è scritto e altrettanto si è detto: inutile analizzare qui la vicenda, che ha innumerevoli addentellati con altrettanti misteri italiani come la morte del giornalista Mino Pecorelli (altra vicenda di cui il generale Antonio Cornacchia è stato testimone storico) e del generale Carlo Alberto dalla Chiesa (tanto per citare un paio di spunti). Né vogliamo sviscerare il dilemma intorno alla presenza di un agente dei servizi segreti la mattina dell’agguato e alla questione se il commando fosse veramente composto soltanto da brigatisti o anche da “Brigate di servizio” per citare Sciascia: basti solo accennare a un prodotto di cultura, il film del regista ostracizzato dai benpensanti Renzo Martinelli, Piazza delle Cinque Lune, che nella finzione cinematografica ha detto forse molte verità.

O forse no. Forse, per citare Francesco Cossiga, “dietro le Brigate Rosse c’erano solo le Brigate Rosse”: nessun coinvolgimento dei Servizi, né nazionali né internazionali, né deviati né affrancati. Anche se, come scrisse il generale Antonio Cornacchia, i servizi segreti sono per forza deviati, altrimenti non sarebbero segreti. Ma il generale confermò che sulla scena del sequestro si sarebbe mossa anche quell’organizzazione supersegreta detta Noto Servizio, o Anello, un esponente del quale sarebbe stato quel frate francescano di Milano, Enrico Zucca, lo stesso che nel 1946 avrebbe nascosto nel capoluogo lombardo la salma di Mussolini, che si sarebbe dato da fare per liberare il Presidente della DC. “Airone 1” parla di un suo viaggio, la sera del 6 maggio 1978, in compagnia di Padre Zucca e di don Cesare Curioni verso Castel Gandolfo: “Alle 7.30 del 6 sera vedo il segretario del Papa rispondere al telefono, convinto, forse, sia il segnale per la conclusione delle trattative e la consegna del cofanetto pieno di soldi, ma quando depone la cornetta, pallido in volto, ci informa che tutto è andato a monte”…

Con lo statista democristiano (così molti lo chiamavano e non è il caso di discettare intorno alla fondatezza della definizione) vennero assassinati i 5 agenti della scorta, morti sul colpo (uno di loro spirerà poche ore dopo), 5 eroi entrati nella Storia ma non sempre adeguatamente ricordati dalla pubblicistica e dall’informazione:

Francesco Zizzi Vice-brigadiere della polizia (Medaglia d’Oro al Valor Civile il16 febbraio 1979). Nato a Fasano nel 1948. Entrato nella Pubblica Sicurezza nel 1972, quattro anni dopo vince il concorso per la scuola allievi sottufficiali di Nettuno. Vive presso la caserma Cimarra di via Panisperna. Conseguiti i gradi di sottufficiale progetta le nozze con la fidanzata Valeria. E’ nominato al servizio di scorta dell’onorevole Moro come capo equipaggio. Muore a 30 anni.

Raffaele Iozzino Guardia di Polizia (Medaglia d’Oro al Valor Civile il 16 febbraio 1979). Nato a Casola (Na) nel 1953. Si arruola in Pubblica Sicurezza nel 1971, frequenta la scuola di Alessandria ed è successivamente aggregato al Viminale e quindi comandato permanentemente al servizio di scorta dell’On. Moro. Muore a 24 anni.

Giulio Rivera Guardia di Polizia (Medaglia d’Oro al Valor Civile il 16 febbraio 1979). Nato a Guglionesi (Cb), nel 1954. Si arruola nella Pubblica Sicurezza nel 1974. Muore a 24 anni, crivellato da 8 proiettili delle Br.

Domenico Ricci Nato a Staffolo, Ancona, nel 1934, morto in via Fani il 16 marzo 1978. Nel 1954 si arruola nell’Arma dei Carabinieri e inizia il corso presso la Scuola allievi carabinieri di Torino. Nel 1957 viene assegnato alla scorta di Moro, allora ministro della Giustizia. Nel 1966 si sposa dopo 10 anni di fidanzamento. Ha due figli. Muore a 44 anni.

Oreste Leonardi Nato a Torino nel 1926. Istruttore alla Scuola Sabotatori del Centro militare di paracadutismo di Viterbo, è stato per 15 anni la guardia del corpo di Moro. Aveva una moglie, Ileana Lattanzi, e due figli, Sandro e Cinzia. Muore a 52 anni.

Il corpo dell’agente Giulio Rivera all’interno dell’Alfetta della scorta, in via Fani, [Public domain], via Wikimedia Commons

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3 Commenti

  1. Moro doveva morire come avevano deciso in America, e lo strumento fu la CIA e i suoi scherani dentro i servizi segreti italiani. Le BR furono infiltrate e pilotate a dovere per ottenere lo scopo. La verità, come anche nel caso del nostro Mattei, e delle stragi varie di quegli anni, la si saprà solo il giorno che gli USA saranno sconfitti, bacchiati a dovere militarmente, e si ridurranno a vivere chiusi in casa propria, smettendo di tenere sottomesse le colonie europee e terrorizzando chiunque cerchi di smarcarsi da loro in Europa. Stessa cosa probabilmente accadde anche per l’industriale veneto Panto caduto misteriosamente col suo elicottero, e così per Heider, l’austriaco troppo indipendente. Stessa cosa per i delitti di mafia in Sicilia tipo il bandito Giuliano e pure per la vicenda di Falcone e Borsellino, che erano giunti a sapere troppo, ormai, scoprendo i legami fra mafia (mano nera degli USA) e oltreoceano.

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