Basta con questi processi farsa a Cristoforo Colombo

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Genova, monumento a Cristoforo Colombo, Flickr

Dopo la prima ondata iconoclasta che ha travolto l’America distruggendo statue di personaggi storici che non piacciono alla sinistra antioccidentale, nelle ultime settimane non si placano i vandalismi e le distruzioni di statue dedicate a Cristoforo Colombo. Tra i pochi nel mondo accademico che hanno cercato di analizzare con lucidità l’argomento vi è lo storico genovese Antonio Musarra, ricercatore di Storia Medievale alla Sapienza di Roma e autore nel 2018 del saggio Processo a Colombo. (La Vela). Di recente Musarra è stato anche tra i firmatari di un appello per celebrare il navigatore genovese.

Come nasce questa crociata nei confronti di Colombo?

Innanzitutto, occorre notare come le prime celebrazioni della sua figura avvengono nel 1776, quando le ex-colonie americane appena diventate indipendenti si dotarono di propri simboli. Il 12 ottobre 1792 si celebrò la prima giornata dedicata a Colombo, anche perché dal punto di vista dell’epoca Colombo fu vittima dei monarchi spagnoli, i “poteri forti” del suo tempo. In seguito gli vennero dedicate scuole, piazze e vie, e la comunità italoamericana fece del 12 ottobre il proprio giorno identitario, in cui si esaltavano le tradizioni degli immigrati italiani. Le critiche iniziano negli anni ’90, quando diversi studiosi inseriscono Colombo in una narrazione fatta di sopraffazione verso i nativi, usando in modo esagerato termini come “genocidio”. A causa di ciò, nel Vermont si sostituì già nel 2016 la Giornata di Colombo con una dedicata alle popolazioni indigene, e lo stesso fece Los Angeles nel 2017.

Qual è la sua opinione al riguardo?

Il fatto è che vi è una forte simbolizzazione del personaggio, e nel momento in cui la sua statua non risponde più ai valori della società, il suo valore storico cresce. Quando i valori del politicamente corretto prevalgono, si può reagire in 2 modi: con l’iconoclastia o con la comprensione, cercando di contestualizzare i valori dietro a quella statua.

Da storico e da genovese, come si è sentito nel vedere le immagini di tanta distruzione?

Feci un parallelismo con le distruzioni perpetuate dall’ISIS a Palmira. Negli Stati Uniti tuttavia vi è un contesto diverso: le rivendicazioni sociali dei ceti meno abbienti sono traslate sul piano del politicamente corretto, che evita il dialogo ed è un ostacolo allo sviluppo della società. Le distruzioni sono permesse dalle autorità perché così la rabbia non è incanalata verso le istituzioni. Le statue sono un’arma di distrazione di massa dai reali problemi delle minoranze.

Crede che la storia venga insegnata in modo troppo ideologico nelle università e nelle scuole?

È impossibile avere una vera obiettività storica: gli storici e i documenti del passato non sono mai obiettivi. Lo storico dovrebbe quanto meno mostrare la complessità degli argomenti trattati, mentre oggi vi è una semplificazione per cui Colombo viene etichettato come “genocida” e “schiavista” senza approfondire davvero chi era veramente. Occorre spiegare che egli era semplicemente figlio della sua epoca. In tal senso dedicare una giornata a Colombo, come chiede l’appello che ho firmato, sia utile per spiegare bene chi era, nel bene e nel male.

Pensa che altri studiosi potrebbero unirsi all’appello oltre a chi ha già firmato?

Credo di no, anche perché in Italia siamo al massimo 2 o 3 i ricercatori che si occupano dell’argomento.

Perché?

Perché già negli anni ’90 Paolo Emilio Taviani fece un’opera monumentale su Colombo divisa in più volumi, per cui è rimasto poco da approfondire. Oggi è più studiato in altri paesi, come la Spagna.

Un’ipotesi su come e quando finirà l’ondata iconoclasta?

Penso che vedremo diverse ondate, per cui non ci sarà una vera e propria fine. Forse nel momento in cui si passerà dalla condanna alla discussione potremo rileggere il passato senza aspre contraddizioni.

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